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La finale di Dimitrijevic, i rimbalzi di Banchi, la durezza dell'Auditel e l'Europa dei club italiani
Una bellissima finale di Supercoppa ha dato all’Olimpia Milano il primo trofeo della stagione, andando a vincere 98-96 al supplementare nella casa di una Virtus Bologna che rischia di incontrare in stagione altre 15 volte, in partite ufficiali. Nenad Dimitrijevic MVP del torneo, dando ragione all’ennesima mezza rivoluzione di Messina, questa volta nella direzione di quei giocatori totali, quegli esterni con un grande primo passo o comunque creatori di attacco a prescindere, che sono la base della monocorde pallacanestro moderna, con i lunghi a giocare nelle pieghe della partita: è stato così per Nebo, il grande ingaggio dell’estate, cilindrata da altissima Eurolega e anche per lui una partita super. Per l’Olimpia quinta Supercoppa della sua storia, soltanto la Mens Sana Siena con 6 (di cui 5 nell’era Pianigiani) ne ha vinte di più, e per Ettore Messina finalmente un buon inizio di stagione. Al netto della scaramanzia necessario, visto che non ci sono più Melli, Hines, Voigtmann, Hall e Napier, per citare chi al momento giusto ha fatto la differenza.
Dopo mesi in cui si è discusso soprattutto del disimpegno di Zanetti e di cambi di proprietà si è scoperto che la Virtus è più o meno del valore dell’anno scorso, nonostante fosse senza Cordinier e Grazulis non sia entrato. E nonostante Banchi parli di squadra incompleta, chiaramente pensando ai lunghi. Ovviamente da Hackett e Belinelli l’apporto sarà inferiore, vista l’età, in una Virtus abbastanza estrema come caratteristiche, piena di giocatori che si accedono e si spengono (nei momenti di accensione eccezionali Polonara e Morgan), con tre tenori come Clyburn, Shengelia e Cordinier e la solidità di Pajola. Squadra che può fare una buona Eurolega nonostante a rimbalzo sia destinata ad andare sotto con le corazzate ma anche con molte squadre medie. Andando oltre le statistiche, che dicono 45 rimbalzi a 32 per l’Olimpia, bisogna dire che Milano ne ha presi tantissimi di quelli lunghi, dove più dei centimetri conta la reattività.
Più canali televisivi che spettatori, questa la facile battuta. La finale di Supercoppa è stata trasmessa in chiaro da Nove e DMax, e in forma criptata su Eurosport. Il risultato totale, facendo la media fra varie rielaborazioni, è in ogni caso molto inferiore ai 200.000 telespettatori. In termini di share si può quindi dire, con l’asterisco che le rilevazioni sulle piccole audience sono spesso inesatte, che una partita molto attesa fra le due squadre più seguite e forti d’Italia non arrivi al 1,5% (lo 0,6%, contando solo il canale più importante, cioè Nove). E meno male che non si è andati allo scontro frontale con Inter-Milan… Insomma, proprio in un fine settimana pieno dei soliti bollettini della vittoria, con la Serie A di basket che interesserebbe a tutti, arriva l’Auditel a riportarci alla realtà. La pallacanestro italiana è uno sport per appassionati e per tifosi su base locale, che per fortuna sono tanti, ma da decenni non incrocia i gusti o per lo meno la curiosità del pubblico generalista. Non è uno sport facile da capire, anche a un livello superficiale, soprattutto non ha personaggi spendibili e finita la generazione NBA (Bargnani, Belinelli, Gallinari) l’adolescente 2024 non ha modelli italiani, per passaporto o per militanza (una squadra come Napoli, per tornare sulla Supercoppa, è al 90% diversa da quella dell’anno scorso), a cui affezionarsi. Il personaggio della pallacanestro in attività più noto a chi non sa niente di pallacanestro è Pozzecco, e certo non per i suoi risultati da c.t.
Intanto è iniziata la stagione europea dei club, con Sassari che perdendo in finale contro Bonn il torneino di qualificazione (uno dei quattro) alla Champions League FIBA è retrocessa nella FIBA Europe Cup, di fatto la quarta coppa europea e la seconda in ordine di importanza per la FIBA. In sintesi Olimpia Milano e Virtus Bologna giocano l’Eurolega, Venezia e Trento (si parte stasera contro Gran Canaria) l’Eurocup, Reggio Emilia e Tortona la Champions, Sassari la FIBA Europe Cup che la scorsa stagione vide Varese arrivare fino alle semifinali. Quasi mezza Serie A impegnata in un’Europa che va dal lusso alla semiclandestinità, con la costante di un ritorno economico e mediatico nullo.
stefano@indiscreto.net
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