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La stanchezza di Zanetti, Abass a Dubai, il progetto DiVincenzo e l'alieno Joe Bryant
Nell’Italia della pallacanestro quasi scomparsa dai media, e non soltanto per la mancata qualificazione olimpica, a fare notizia è il ribaltone alla Virtus Bologna. Non soltanto perché è cambiata mezza squadra, anzi rispetto ai canoni della Serie A odierna è anche poco, ma perché l’era di Massimo Zanetti sembra davvero al termine. Con tutto il rispetto per grandi colpi come Clyburn e Grazulis, se davvero Zanetti vendesse il suo 55% (il 45 è di Carlo Gherardi, che teoricamente potrebbe anche aumentare la sua quota) al fondo israelo-statunitense (con Ori Allon, ex proprietario dell’Hapoel Gerusalemme, come uomo immagine) di cui si parla o ad altri la parola fine ad una bellissima storia sarebbe scritta. La smentita ufficiale della trattativa non può smentire la stanchezza di Zanetti dopo 7 anni da proprietario, partendo dalla A2 per arrivare alla pur svalutata Champions League, allo scudetto, all’Eurocup e soprattutto al posto in Eurolega. Una stanchezza rivelata anche dalla vendita di metà della sua azienda principale. Per la Virtus non è necessariamente una cattiva notizia, ma di sicuro Zanetti merita un grazie anche dal resto della pallacanestro italiana per avere tenuto un minimo viva la Serie A negli ultimi anni evitando monologhi tipo Siena.
Della Virtus di Zanetti o del suo successore non farà di sicuro più parte Awudu Abass, che ha firmato per tre anni con Dubai e quindi giocherà in ABA League, in pratica il campionato che riunisce le migliori squadre della ex Jugoslavia e che non è nuovo a queste operazioni commerciali, anche se Dubai ha prospettive totalmente diverse da quelle del passato ed ha nel mirino prima l’Eurocup e poi l’Eurolega. Un cavallo di Troia di cui la pallacanestro europea non aveva bisogno, ma dal suo punto di vista a 31 anni Abass ha fatto bene a lasciare una Serie A che non l’ha mai davvero apprezzato. Per uno degli ultimi grandi prodotti della scuola di Cantù carriera inferiore al potenziale, sia pure con qualche trofeo vinto da comprimario, con la delusione spaziale della mancata convocazione per le Olimpiadi di Tokyo, dopo che era stato nel roster al preolimpico di Belgrado. Ma ripetiamo: lui ha fatto bene a firmare con Dubai, l’Eurolega invece farà male nell’accettare due spiccioli.
Quali progetti ha Gianni Petrucci per rilanciare la pallacanestro italiana? Il passaporto a Donte DiVincenzo, lo ha detto lui stesso (lui Petrucci, non la guardia dei Knicks) qualche giorno fa, con la delusione portoricana ancora calda. Certo non si capisce perché un vero giocatore NBA come DiVincenzo, non uno sventolatore di asciugamani, che guadagna più di 11 milioni di dollari a stagione, americanissimo dentro quanto Banchero o LeBron James, senza alcuna utilità di un passaporto europeo (quella che al di là dei soldi possono avere i Lorenzo Brown o i Nebo della situazione) dovrebbe sentirsi onorato di giocare per l'Italia Eurobasket 2025 ed eventualmente l’orrido Mondiale in Qatar nel 2027. Un conto sono le Olimpiadi, che riescono a stimolare almeno il desiderio di esserci, un altro la nazionale di un paese non tuo. Messa così, DiVincenzo è un’altra arma di distrazione di massa, di una massa che oltretutto si sta riducendo.
Joe Bryant, morto prematuramente anche se non prematuramente quanto il figlio, è stato per la pallacanestro italiana più del padre di Kobe. Perché quando nel 1984 arrivò a Rieti, a 30 anni e dopo 9 di ottima carriera NBA, sia pure con la nomea di soft, sembrava un alieno. Un giocatore con quello status oggi sarebbe inimmaginabile anche a Milano e Bologna, senza colpe specifiche, figurarsi in una squadra di A2 come quella Rieti che oltre Bryant ingaggiò Dan Gay. Nel 1984 la NBA aveva 23 squadre, oggi ne ha 30 senza contare la G-League in cui molti giocatori da Europa preferiscono stare, anche contro i loro interessi finanziari del momento, per cogliere al volo le occasioni. Non è strampalato dire che all’Europa di una volta, non solo all’Italia, è come se fossero stati tolti i migliori 100 giocatori, quindi è evidente che ogni confronto con il passato premi il passato. Motivo di più per cercare strade nuove, diverse da un professionismo di Serie B che esalta solo i tifosi locali ma taglia fuori gli appassionati.
stefano@indiscreto.net
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