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Trentuno volte Olimpia

Trentuno volte Olimpia

La squadra di Ettore Messina ha vinto per la terza volta consecutiva lo scudetto, battendo la Virtus Bologna che in questi anni è stata la sua unica vera rivale. Un'era che forse è finita...

14 giugno

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L’Olimpia Milano ha vinto il suo trentunesimo scudetto, il sesto della ventennale era Armani, trasformando così in accettabile una stagione fallimentare, con i playoff di Eurolega mancati per la seconda stagione consecutiva a dispetto di un budget da Final Four. La giusta conclusione di un campionato a due squadre, con la Virtus Bologna sulle ginocchia da parecchio tempo e comunque inferiore anche a parità di forma, se ci mettiamo a sommare il valore dei singoli e la profondità dei roster. Ma è inutile fare i soliti discorsi sulla pallacanestro italiana, visto che non occorre andare alla preistoria, basta vedere il ciclo asteriscato di Siena, per trovare campionati anche a una sola squadra.

Per Ettore Messina il settimo scudetto in carriera, a conferma che l’allenatore ha in qualche modo (cioè avendo Shields e Mirotic in buone condizioni) rimediato agli errori del dirigente. Uno scudetto che ha le firme soprattutto di Melli, alla fine di Shields e Mirotic, di un Napier che ha perso qualche colpo rispetto alla sua incarnazione milanese precedente ma in Italia fa la differenza, e di un Devon Hall il cui apporto si capisce guardando le partite, visto che è uno di quelli che le fa girare con un paio di giocate. Hines e Vogtmann hanno fatto il loro, pensando anche al resto della stagione, Maodo Lo e soprattutto Poythress molto meno del loro, Baron è stato cancellato dal nuovo intervento chirurgico e forse con un tiratore come lui l’Eurolega di Messina sarebbe stata meno triste.

E adesso? Facile dire cosa serva per migliorare questa squadra: un lungo super-atletico, e l’arrivo di Josh Nebo dal Maccabi significa proprio questo, una guardia tiratrice, un playmaker più ordinato di Napier. Forse anche un allenatore con qualche idea, ma finché Messina non farà un passo indietro Armani non lo caccerà di certo. Fra gli italiani oltre a Melli l’unico davvero importante è stato Tonut, incursore con le gambe d’acciaio, e volendo parlare della squadra si può dire che la mano di Messina si sia vista soprattutto in difesa, che ha soffocato non soltanto Belinelli (che sparì anche nella gara7 dell’anno scorso) ma alla fine anche Shengelia.

Nei campionati a due squadre chi arriva secondo è in zona tragedia e in questo momento la Virtus non fa eccezione, considerando le aspettative ed il fatto che comunque si fosse guadagnata il vantaggio del fattore campo. Poi è chiaro che la squadra di Banchi è arrivata ai playoff (non dimentichiamo le cattive partite, pur vincenti, con la Reyer) stanchissima, dopo essere stata costretta a sovrautilizzare i veterani, ma gli ultimi mesi sono stati in generale faticosi, con l’unico vero guizzo a Istanbul nel play-in. Una squadra che durante la stagione per motivi di budget nonostante partenze (Smith), infortuni (Cacok) e delusioni (Dobric) non si è rinforzata, anzi: Lomazs, pallino di Banchi, si è visto poco, Zizic si è visto di più ma il suo stile da pivottone anni Settanta-Ottanta con il gioco di Banchi non c'entrava.

Il futuro Virtus è senz’altro più incerto di quello Olimpia, visto che ora si fa passare per una vittoria la sponsorizzazione Segafredo dall’importo dimezzato, senza contare il fatto che la wild card per la prossima Eurolega è probabilissima ma non ancora certa. L’obbiettivo è quello di un budget da 20 milioni, di cui circa tre quarti per la prima squadra, inferiore di qualche milione rispetto a quello attuale e realisticamente metà di quello (reale) dell'Olimpia. L’anima italiana della squadra (Belinelli, Pajola, Polonara, Hackett) è già sotto contratto, con l’eccezione di Abass che è stato uno dei pochi a chiudere in crescendo e che potrebbe tornare a Milano. Non avendo ancora ben compreso le mosse di Tortona e Venezia, la sensazione che il campionato a due potrebbe diventare a uno e mezzo.

stefano@indiscreto.net

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