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Sognando Clingan

Sognando Clingan

Il successo della NCAA, l'americano per la Nazionale, il ritorno di Rowan e Atene vent'anni dopo

9 aprile

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Troppo facile paragonare l’intensità della pallacanestro NCAA, non soltanto quella dei tornei finali, con quella della NBA. Per fortuna della NBA la pallacanestro statunitense di college è quasi invisibile in molti paesi, e fra questi anche l’Italia, con gli appassionati che si improvvisano smanettoni o, nella peggiore delle ipotesi, si fanno andare bene gli extendend highlights su YouTube. Con il back-to-back di Connecticut fra i ragazzi e la stagione perfetta di South Carolina fra le ragazze adesso è tutto finito per un po’, con la certezza che quasi tutti i giocatori protagonisti vedranno la NBA soltanto in televisione. Non è il caso di Zach Edey, che in molti prevedono scelto al secondo giro del draft, ma è significativo che l’uomo immagine della stagione e anche della stessa finale (37 punti sui 60 della sua squadra), pur avendola persa con Purdue, sia considerato sulla carta un comprimario. Non sarà così per Caitlin Clark, anche lei sconfitta in finale con la sua Iowa, troppo inferiore fisicamente alle avversarie, che sarà la donna che cambierà la percezione della pallacanestro femminile nel mondo. Per adesso questo Pete Maravich reincarnato in un corpo di donna ha cambiato gli indici d'ascolto.

In chiave italiana, se proprio vogliamo forzare il concetto di ‘italiana’, grande stagione ed anche nelle fasi decisive belle prestazioni di Donovan Clingan, che è un sophomore e che quindi in teoria potrebbe rimanere a Connecticut altri due anni. Il 2.18 che l’anno scorso era un comprimario, riserva del Sanogo ora un po’ scomparso dai radar dopo avere debuttato con i Chicago Bulls nella NBA, non è una stella ma un giocatore credibile per il draft sì, anche se un centro poco esplosivo e che tecnicamente nemmeno è un poeta del basket come lui non dovrebbe avere un futuro luminoso: gli addetti ai lavori lo considerano però in prospettiva meglio di Edey. Ma veniamo al nostro orticello visto che Clingan è diventato l’ennesimo passaportabile in chiave Nazionale, all’inseguimento del sogno olimpico. Legalmente il suo percorso è facile ma lungo: sua nonna materna è italiana, l’iter burocratico avrà (meglio, avrebbe) sicuramente un finale positivo ma nessuno sa in quali tempi. Considerando altri esempi, anche di sportivi, con tutti i requisiti, viene da pensare che sistemare tutto prima del preolimpico sia impossibile a meno di inventarsi porcate instant come la Spagna con Lorenzo Brown. Ci permettiamo una piccola osservazione, la solita: come tanti altri di questi passaportabili Clingan non ha mai manifestato interesse per la maglia azzurra, nemmeno quando la sua carriera sembrava di livello minore, e quindi figurarsi adesso. In ogni caso colpisce che si cerchi l’uomo della provvidenza, ‘l’americano’, a prescindere dal ruolo: da Banchero (che il passaporto italiano l’ha avuto anche per il lavoro della FIP) a DiVincenzo, da Eubanks a Darius Thompson, stiamo parlando di giocatori diversissimi. La sensazione è che tutto questo passi sopra Pozzecco, sempre piuttosto freddo sull'argomento.

Una bella storia quella del ritorno di Ron Rowan in Italia e a Pistoia, dove aveva giocato prendendo il posto di Joe Bryant, il padre di Kobe. Bella perché dal 1989 al 2001, con qualche intermezzo, Rowan è stato in tante squadre in Italia come grande realizzatore e adesso ci torna da uomo d’affari, come frontman della cordata statunitense che ha rilevato la maggioranza del club. La bella storia è che qualcuno veda nella pallacanestro italiana potenzialità di business, al di là del mendicare soldi presso sponsor locali, istituzionali o privati. Per Pistoia davvero una grande stagione, con anche la prospettiva dei playoff da quinta e quindi contro l’unica avversaria giocabile, la Reyer.

Adesso che Gianni Petrucci è fuori pericolo di vita, dopo il pauroso incidente stradale di qualche giorno fa, si può parlare della sua era senza cadere nel cattivo gusto. Il pretesto arriva dalla celebrazione dell’argento olimpico del 2004, avvenuta a Prato con gli azzurri dell’epoca ma stranamente senza Carlo Recalcati. Che rimane l’ultimo c.t. azzurro ad essere arrivato almeno alle semifinali di una grande manifestazioni. Da vent’anni a questa parte soltanto fallimenti: di Recalcati stesso, ma soprattutto di Pianigiani e Messina, prima che Sacchetti e anche Pozzecco cambiassero almeno l’ambiente (da non dimenticare comunque l’eroico preolimpico di Belgrado del 2021, con Sacchetti c.t.). In questo ventennio l’Italia ha avuto spesso, nel momento migliore della carriera, e anche in contemporanea, giocatori NBA di primissima fascia come Bargnani e Gallinari, specialisti di lusso come Belinelli, comprimari (a livello NBA, chiaramente) come Datome e Melli, fino ad arrivare all’era di Fontecchio. Quante occasioni perse.

stefano@indiscreto.net

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