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Il circo di Indianapolis, il fallimento di Messina e Pozzecco senza sorprese
L’All-Star Game non è pallacanestro vera, non lo è mai stato se non in epoche di grandi rivalità genere Magic-Bird e soltanto nell’ultimo quarto di gioco. Ma certo lo spettacolo di Indianapolis, con il ritorno della sfida fra Eastern e Western Conference, è stato qualcosa di offensivo per l’intelligenza del pubblico. 211-186, non è un refuso, per l’Est con 39 punti di Lillard, in grandissima serata di tiro così come il ‘compagno’ Haliburton, mentre dall’altra parte la prestazione monstre sono stati i 50 punti di Towns. Ma più delle statistiche ha colpito l’atteggiamento dei giocatori in campo, davvero da circo: benzina per i detrattori della NBA, quando in realtà l’analisi dovrebbe riguardare la stagione regolare e non l’All-Star Game che è soltanto un’esibizione. Certo un po’ di vita potrebbe darglielo uno Stati Uniti contro Resto del Mondo, oggi come oggi sarebbe una partita equilibratissima anche giocata sul serio. Se no meglio guardare Tamberi.
L’impresa della Gevi, che ha dato a Napoli la terza Coppa Italia della sua storia dopo quelle del 1968 e del 2006, è figlia di situazioni quasi incredibili, come la rimonta su Reggio Emilia in semifinale, ma anche di valori tecnici enormi che si sono visti fin dai quarti di finale contro la capolista Brescia: l’attacco creato a fasi alterne da Tyler Ennis e Jacob Pullen, la difesa di Markel Brown, la concretezza di Sokolowski che in campo è la vera proiezione di coach Milicic. L’impresa è figlia anche dell’ennesimo suicidio dell’Olimpia Milano, un budget per gli ingaggi dei giocatori di circa 27 milioni contro il milione e duecentomila della Gevi: quasi venti volte di più. Un fallimento dell’Ettore Messina dirigente, prima ancora che del Messina allenatore: con Trento e Venezia la squadra aveva passeggiato, mentre con Napoli pur giocando male (soprattutto in difesa, con errori di attenzione inaccettabili) l’aveva quasi portata a casa prima del tiro senza coscienza di Pullen. Il discorso è sempre il solito: in una serie playoff italiana è quasi impossibile che l’Olimpia perda tre partite, anche contro la Virtus Bologna, quindi alla fine Messina avrà buon gioco nel definire positiva un’annata che invece in rapporto agli investimenti di Armani può già dirsi fallimentare. Ma non può esonerare sé stesso e non sembra avere l’umiltà per fare il Pat Riley di uno Spoelstra qualunque.
L’Italia inizia il suo percorso verso l’Europeo 2025 in un girone dove sarà difficile non qualificarsi, visto che passanto tre squadre su quattro fra quella azzurra, la Turchia, l’Islanda e l’Ungheria. Fra i 15 convocati prima delle partite con Turchia (a Pesaro) e Ungheria nessuna sorpresa e nemmeno qualcuno che può sorprendere. Pozzecco si aspetta risposte dal nuovo Mannion, che poi è quello vecchio, rinato a Varese, e da Tessitori, oltre che meno timidezza da Spagnolo e Procida, e lancia segnali ambigui ai vecchi in ottica Portorico. Non può dire apertamente che non non avrebbe bisogno (si parla ovviamente di Belinelli e Gallinari, Hackett per come ha chiuso non dovrebbe essere un'opzione), ma l'operazione Eubanks gli ha dato un certo ottimismo olimpico, sempre che non finisca come quella Banchero.
stefano@indiscreto.net
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