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Le multe di Scafati

Le multe di Scafati

I troppi campi da Far West, il fallimento di Olimpia e Virtus, le inutili coppette e il momento di Pesaro

Redazione

13.04.2023 13:55

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Come si poteva immaginare sono arrivate le multe della federazione dopo la partita tra Scafati e Brindisi: 2000 euro per la società di casa e 3000 per Vitucci, in sostituzione della squalifica per un turno. I fatti: al termine di una partita molto dura, Scafati fa sua la posta. Negli ultimi secondi di gioco una chiamata arbitrale contestata da Brindisi e dubbia anche dopo innumerevoli replay, assegna sfondamento a Ky Bowman che aveva realizzato canestro dopo il contatto difensivo di Julyan Stone. Canestro della possibile vittoria annullato e palla ai padroni di casa che, proprio con Stone, rimettono la palla in campo, facendola uscire senza neanche muovere il cronometro, regalando a Brindisi un’ultima possibilità, non trasformata. 

Fin qui il gioco. Poi il Far West. Vitucci protesta in modo vibrante contro gli arbitri, mentre un'invasione di campo mischia spettatori (che quindi tanto spettatori non sono) e giocatori, seguiti e inseguiti fin dentro gli spogliatoi. Poi le multe. Che prendono anche la definizione di provvedimenti disciplinari, ma che provvedimenti non sono. Perchè non servono a nulla se non a fare un minimo di cassa per la Federazione, visto che vengono emesse per sanzionare “offese, minacce, collettive e frequenti nei confronti dei tesserati avversari”, che quindi devono accettare di giocare sentendosi insultare e minacciare, per tutta la partita, a patto che la squadra di casa offra il servizio versando 2000 euro a fondo perduto.

Problema non di Scafati, ma di tutta la Serie A e anche delle altre serie (A2, B, …) dove ci sia una tifoseria e un risultato da raggiungere (nel caso di Scafati la salvezza). La pratica è sempre la stessa: in settimana si chiede alla tifoseria di far sentire il proprio calore alla squadra, o di trasformare il palazzo dello sport in una bolgia. Durante la partita si vedono spesso dirigenti, presidenti e giocatori incitare la folla a reagire alle giocate avversarie. Le tifoserie fanno quanto ci si aspetta da loro, e nel post gara con un comunicato la società di casa (che nel frattempo si affretta a pagare la multa) “si dissocia dal comportamento di alcuni isolati facinorosi… che non devono certo intaccare i valori sportivi di un’intera tifoseria… e di una società il cui lavoro di promozione per la cultura dello sport è costante e non può essere inficiato…”. Salvo poi ripetere tutto dopo 15 giorni. 

Il basket si dimostra quindi uno sport sempre più per tifosi e meno per appassionati. Che non vive in tv ma in palasport al limite della fatiscenza, dove è facile accedere al campo, tirare oggetti senza essere sanzionati, farsi sentire dai giocatori in campo con insulti, cori razzisti, sputi e quant’altro. Influenzando (o convincendosi di poterlo e doverlo fare) la partita, pur non giocando. Con buona pace di una cultura sportiva, che le società si pregiano di diffondere, ma che sono sempre pronte a ritirare quando si alza la posta in gioco. E c’è da aspettarsi che in vista dei playoff e delle fasi più calde della lotta salvezza, le multe della federazione si moltiplicheranno, rendendo il gioco ancora meno spettacolare di quel che è e legando quindi la soddisfazione dello spettatore solo al risultato. Quando c’è. 

Virtus e Olimpia chiuderanno la loro stagione di Eurolega a Bologna, in un incontro tutto italiano che, nonostante le dichiarazioni di rito (rispetteremo i tifosi e giocheremo senza riserve) avrà probabilmente il sapore di una amichevole di lusso, giocata con il gentlemen agreement di evitare gli infortuni, in vista dei playoff di Serie A, dove le due squadre sono candidate a ritrovarsi in finale. Una partita che testimonia il fallimento della stagione italiana in Eurolega, con Bologna che si auto giustifica con rientro nella competizione dopo 14 anni,  con Baraldi che ha più volte parlato di “percorso più che soddisfacente” e per diverse settimane è stato  alla disperata ricerca di una wild card anche per l’anno successivo e con Milano invece con la solita auto giustificazione dei troppi infortuni (che in parte però sono riconducibili a preparazione atletica, gestione e impiego dei giocatori). L’Eurolega è un campionato difficile e molto dispendioso, secondo molti superiore addirittura alla NBA e non è un peccato mortale non riuscire a centrare la qualificazione alla seconda fase. Ma le due italiane non ci sono neanche andate vicino, con Milano ultima nel girone di andata e invece molto più tonica dopo l’inserimento di Napier (altro che infortuni), accordato da Messina-presidente a Messina-allenatore, nel girone di ritorno. E il budget impiegato per costruire Bologna e Milano non trova giustificazione nella Serie A, ultimo obiettivo rimasto, dove le due squadre sembrano due portaerei costrette a manovrare in acque troppo basse. 

Allargando il discorso alle altre innumerevoli competizioni europee, si vede che il fallimento delle squadre italiane è stato completo, con Venezia ultima eliminata in Eurocup dopo Brescia, Trento e Brindisi eliminate dalla Fiba Europa Cup, Reggio Emilia e Sassari eliminate dalla altisonante Basketball Champions League. Una frammentazione di competizioni, con una partecipazione allargata a squadre sconosciute ai più, dove ci si iscrive inseguendo un qualche guadagno, nessuna gloria e rimediando spesso molti infortuni, pochissimo pubblico e tanto logoramento fisico. Una frammentazione nata  dalla contrapposizione tra ECA e FIBA, che non ha portato benefici alle squadre italiane, non sempre attrezzate per competere in più campionati, e dovendo affrontare lunghissime trasferte. Così, mentre nell’Europa calcistica e quella del volley si torna a parlare italiano, nel basket non si registrano acuti di sorta. 

Non cerca scuse Repesa per giustificare il momento no di Pesaro, reduce da tra sconfitte consecutive (prevedibile ma pesantissima e senza lottare quella a Milano con l’Olimpia) e con una sola vittoria nelle ultime sette. Il coach si dice fiducioso di riuscire a recuperare il passo gara e, soprattutto, il gioco del girone d’andata che tifosi e dirigenti si aspettano. Un tentativo di ricompattare il gruppo, senza aprire crisi e soprattutto senza aprire di nuovo il portafogli cercando altri rinforzi dopo Daye, incisivo solo al suo esordio contro Brescia (ultima partita vinta da Pesaro), e poi via via più evanescente. A dimostrazione che le porte girevoli (per dirla alla Bianchini) del nostro campionato, non sempre portano soluzioni.

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