Giornale di critica e di politica sportiva fondato nel 1912

La firma di Michael Jordan

La firma di Michael Jordan

L'uscita di Air, le nuove probabilità di Banchero, il derby di Livorno e la scomparsa di Henderson

Stefano Olivari

06.04.2023 ( Aggiornata il 06.04.2023 16:56 )

  • Link copiato

È uscito nei cinema italiani Air, il film di Ben Affleck incentrato sull’evento più importante nella storia del marketing sportivo, cioè la firma di Michael Jordan per la Nike nel 1984, nonostante all’epoca la scarpa da pallacanestro per definizione fosse la Converse (Magic, Bird, Doctor J…) e il neocampione olimpico a Los Angeles avesse una preferenza estetica per l’Adidas. Come è andata la storia tutti lo sanno, con il marchio Air che a Jordan oggi frutta 400 milioni di dollari l’anno, senza contare la sua importanza nella storia della cultura pop. Uomo chiave dell’operazione Sonny Vaccaro, nel film interpretato da Matt Damon, esperto di pallacanestro di high school e college che al di là dei soldi (uguali a quelli della concorrenza) seppe usare la chiave giusta per entrare nella testa del campione. Con Jordan le scarpe da pallacanestro smisero di essere usate soltanto per la pallacanestro e non esageriamo dicendo che MJ sia stato uno dei pochi sportivi della storia ad essere più importanti del proprio sport. Curiosi di vedere i riscontri di pubblico in Italia per quella che è tutto sommato una storia di basket. Chissà se Jordan riuscirà meglio della Serie A (quel campionato che secondo un sondaggio commissionato dalla Lega avrebbe 16 milioni di italiani interessati… tutta gente senza televisore, evidentemente) ad intercettare il pubblico generalista.

Da tanto tempo su Guerin Basket non scriviamo di Paolo Banchero in Nazionale, quindi dopo le ultime ‘non dichiarazioni’ del lungo (la scomparsa dei ruoli fa tornare d’attualità queste definizioni antiche) degli Orlando Magic possiamo chiederci a che punto sia il 60% di probabilità azzurre buttato lì da Petrucci. Ecco, il 60 è diventato 30 e non perché siano accaduti fatti nuovi. Semplicemente con la stagione regolare NBA quasi al termine e con i Magic che a Est non faranno nemmeno i Play-in si può fare un bilancio della stagione da rookie di Banchero: superiore ad ogni aspettativa, in un contesto perdente ma non troppo. Sarebbe una sorpresa enorme se non venisse eletto rookie dell’anno (nome ufficiale adesso Wilt Chamberlain Trophy), anche se i vari Jalen Williams, Jaden Ivey ed anche il centrone dei Jazz Walker Kessler hanno fatto bene. Ma tornando alla Nazionale di Pozzecco, bisogna dire che rispetto a tre anni fa gli scenari sono cambiati e Banchero può tranquillamente far parte di Team USA: perché un ragazzo statunitense, che può giocare per gli Stati Uniti, dovrebbe scegliere l’Italia? Domanda che vale al di là del sicuro oro olimpico che questa scelta comporta. La colpa della FIP non è che Banchero dica di no, ma che Pozzecco non abbia tre o quattro lunghi in grado di stare in campo contro la Francia della situazione, senza dover chiedere miracoli fuori ruolo a Melli.

Il derby di Livorno giocato di fronte a 8.000 spettatori ha dimostrato una volta di più che la direzione della pallacanestro italiana non deve essere quella di un NBA dei poveri, all’inseguimento di un vago concetto di spettacolo, ma di sport con una identità territoriale ed emotiva ben precisa. Uno sport per tifosi, in sintesi, e non per gente annoiata che facendo zapping si fermi su Nutribullet-Happy Casa. In questo senso la Serie A è uguale alla A2 e alla B di Libertas e Pielle: guardabile a fatica in televisione, coinvolgente dal vivo. 

Addio a Cedric Henderson, certo non il miglior giocatore nella storia dell'Olimpia Milano ma grande rimbalzista d'attacco e protagonista della stagione 1985-1986 in cui la squadra di Dan Peterson vinse scudetto e Coppa Italia, mancando di poco la finale di Coppa Campioni che poi venne giocata dal Cibona di Petrovic e dallo Zalgiris di Sabonis. Quel ventenne dal passato e dal futuro difficile, che aveva perso l'eleggibilità al college (aveva fatto un anno a Georgia) per motivi accademici e burocratici, fu una grande scommessa di Peterson e Cappellari in un'epoca in cui gli stranieri, soltanto due per squadra (D'Antoni era italiano dal 1984) non si potevano sbagliare. L'altro era Russ Schoene... Però questi stranieri venivano ricordati, sia quando erano fenomeni sia quando erano meteore dal grande potenziale come Henderson. Seconda scelta NBA proprio dopo la stagione alla Simac, con qualche apparizione nel grande giro prima di scomparire e buttarsi via. 

stefano@indiscreto.net

Condividi

  • Link copiato

Commenti

Leggi Guerin Sportivo
su tutti i tuoi dispositivi