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La coppa di Della Valle© legabasket.it

La coppa di Della Valle

La Coppa Italia di Brescia, il fallimento di Olimpia e Virtus, i numeri di Torino, il doppio incarico di Pozzecco, 

Stefano Olivari

20.02.2023 ( Aggiornata il 20.02.2023 09:44 )

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La più incredibile Coppa Italia della storia è stata vinta dalla Germani Brescia, arrivata a Torino da ottava su otto nel tabellone, da dodicesima in campionato e reduce da sei sconfitte consecutive. Invece la squadra di Alessandro Magro, scesa di livello rispetto alla scorsa brillantissima stagione, ha compiuto nei quarti con l’Olimpia Milano e in finale contro la Virtus Bologna due autentici miracoli, vincendo per due volte la stessa partita in entrambi i casi, visto il carattere nel resistere alle rimonte delle due corazzate da Eurolega. Un’impresa firmata dalla difesa, capace di mandare fuori giri anche un buonissimo attacco come quello di Pesaro in semifinale e con Amedeo Della Valle uomo copertina, MVP del torneo e creatore di attacco spesso dal nulla. Una bella soddisfazione per un giocatore che in carriera ha ottenuto meno di quanto avrebbe potuto e che non è nel cuore di Pozzecco. Davvero un'impresa senza precedenti, perchè anche la Reyer Venezia 2020 era l'ottava del tabellone, ma con una cilindrata ben diversa da quella del club di Mauro Ferrari. 

Milano e Bologna

Non si toglie nulla a Brescia, al primo trofeo nella sua storia, dicendo che la Coppa Italia 2023 è stata soprattutto persa dall’Olimpia Milano e dalla Virtus Bologna. La partita della squadra milanese, svanito l’effetto Napier, è stata la summa della fallimentare stagione di Messina, sia come dirigente sia soprattutto come allenatore di una squadra che ha uno dei budget più alti di un’Eurolega in cui in questo momento è quindicesima. Chissà quanto Armani sarà contento di un altro scudetto, peraltro da vincere nella scontata finale contro la Virtus Bologna, pagato a carissimo prezzo. Il punto non è comunque questo, ma l’aura di intoccabilità mediatica e politico-sportiva di Messina, tuttora allenatore di riferimento di Petrucci nonostante i disastri fatti in azzurro, su tutti il preolimpico del 2016, anche quello a Torino. Delusione anche per Scariolo, che nella finale ha mischiato le carte con la solita mossa della zona, ma è stato tradito da quasi tutti, a partire da un imbarazzante Teodosic, da Shengelia e da uno Jaiteh senza energia: positivi soltanto Hackett, anche se nella finale ha inciso poco, e un Belinelli sempre on fire, che con i suoi tiri in tuffo carpiato aveva quasi dato alla Virtus un trofeo che non vince dal 2002, quando in panchina c’era… Ettore Messina.

Il record di pubblico

Le quattro giornate di Torino hanno fatto segnare il record di presenze per la Coppa Italia, 36.592 in totale e 11.936 per la sola finale. Un grosso risultato, visto che non c’era una squadra di casa, e la conferma che alla pallacanestro italiana mancano gli spettatori televisivi, non quelli nei palazzetti che sono del tutto paragonabili a quelli dei tempi d’oro ed in un 2023 in cui ci sono molte più alternative, anche vedere tutte le partite NBA che uno vuole. Poi è chiaro che non si possono confondere i numeri della pallacanestro di club con quelli della Nazionale di pallavolo al Mondiale, anche se ciclicamente questi discorsi tornano, uniti a ricerche di mercato che fanno ridere, come quella citata da Gandini secondo cui ci sarebbero 16 milioni di italiani interessati alla pallacanestro. Per avere spazi televisivi diversi ne basterebbero 1,6…

Pozzecco a mezzo servizio?

Quale futuro per l’Italia con Pozzecco allenatore anche del Panathinaikos? L’allenatore della Nazionale, adesso impegnato con le due inutili partite di qualificazione mondiale con Ucraina e Spagna, non ha ancora firmato con i greci e magari nemmeno lo farà (anche se il fatto che abbiano straperso la semifinale di Coppa di Grecia con l'Olympiacos spinge in questa direzione), ma che Petrucci abbia accettato questo scenario dice che qualcosa si è rotto fra lui e il tecnico che lui apprezza soprattutto come comunicatore, non un gran complimento. Certo il futuro della Nazionale più che al doppio incarico di Pozzecco è legato alla 'decision' di Banchero, che il rookie NBA dell'anno ufficializzerà a giugno e che al momento sembra ben lontana dal dire bene all'Italia.

White men can't jump?

Il vincitore dell’All-Star Game NBA 2023 è Mac McClung, il cui trionfo nella gara della schiacciate ha oscurato le partite dei rookie e anche l’All-Star Game vero e proprio, reso ancora più insulso dalle squadre identificate con i loro giocatori-allenatori. McClung chi? Un playmaker che non arriva all’1,90 e con un totale in carriera di due (2!) partite nella NBA, nessuna in questa stagione in cui sta giocando nei Delaware Blue Coats della G-League, squadra affiliata ai Sixers. McClung è fin dal liceo stato un giocatore di culto, seguitissimo sui social network e non soltanto perché è bianco, ma perché è un bianco relativamente piccolo che salta e schiaccia anche in partite vere, non soltanto in baracconate. Giocatore anche al college molto produttivo in attacco, è strano che nessuna franchigia NBA lo abbia scelto nel 2021 e ancora più strano che nonostante i tanti camp e provini nessuno gli abbia dato una chance nemmeno come quindicesimo giocatore a referto.  Altro che White men can't jump. 

Il senso dell'All Star Game

L'All Star Game inteso come partita ha toccato il suo punto più basso, con i due capitani-allenatori mezzi rotti, record insulsi come i 55 punti di Tatum ed una mancanza di intensità vergognosa: a chi importa se il Team Giannis ha battuto il Team LeBron? Chi dice che è sempre stato così è molto giovane, perché fino agli anni Novanta, almeno a tutta l'era Jordan, l'All Star Game è stato sì una esibizione, ma con il risultato preso molto sul serio da campioni che volevano sottolineare il proprio status. Adesso è circo puro, nemmeno giustificato dall'interesse del pubblico generalista, sempre più basso. Partita che può essere rivitalizzata soltanto da un onesto americani contro non americani.

stefano@indiscreto.net

 

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