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Eurobasket 2022, un'Italia da sogno elimina la Serbia

Eurobasket 2022, un'Italia da sogno elimina la Serbia

Gli azzurri di Pozzecco hanno compiuto un'impresa enorme battendo i favoriti del torneo negli ottavi di finale, trovando la partita della vita di Spissu e le prestazioni immense di Melli, Fontecchio e Polonara...

Stefano Olivari

11.09.2022 ( Aggiornata il 11.09.2022 20:55 )

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L’Italia della pallacanestro ha compiuto una della più grandi imprese della sua storia, senza se e senza ma, superando la Serbia negli ottavi di finale degli Europei, per la cui vittoria era considerata giustamente la grande favorita. 94-86 per gli azzurri al termine di una partita che ha ricordato per spirito quella del preolimpico di Belgrado dell’anno scorso: un anno fa in panchina c’era Sacchetti, adesso Pozzecco, e diverse sono state anche le versioni della Serbia. Più forte quella di Berlino, senza Teodosic (peraltro escluso da Pesic per scelta tecnica) ma con uno Jokic in forma strepitosa: stiamo parlando dell'MVP della NBA negli ultimi due anni, per prevenire l'ansia tutta italiana di sminuire i successi (e drammatizzare gli insuccessi).

È stata la partita della vita di Marco Spissu, la grande scommessa di Pozzecco: 22 punti e una difesa ai confini dell’eroismo, in alcune azioni anche sul di solito immarcabile Micic. Grande Melli, in attacco e in difesa, trascinatori Polonara e Fontecchio, perfetto Pajola come specialista, nella loro parte tutti gli altri. E adesso nei quarti di finale la Francia, uscita viva per miracolo dalla sfida con la Turchia: per gli azzurri mercoledì pomeriggio altra partita contro pronostico, altra partita da impresa.

L’Italia è stata brava di testa, nel non farsi travolgere nei primi due quarti quando la Serbia è stata trascinata da uno Jokic immarcabile (19 punti in 13 minuti…) sottocanestro e puntuale negli scarichi, da un buon Micic e da una quantità industriale di tiri liberi (17, di cui 16 trasformati in punti), un po’ come accadeva con la Jugoslavia di una volta: del resto quando cinque avversari su cinque guardano il canestro la difesa fa quello che può. E la difesa azzurra è stata la migliore possibile, con un Melli monumentale e lucidissimo. Per come si era messa, già andare all’intervallo sotto di 6, 51-45, è sembrato di lusso.

A metà terzo quarto un Pozzecco fin troppo carico ha avuto la bella idea di farsi dare il secondo fallo tecnico e di farsi quindi cacciare, con tanto di uscita dal campo teatrale: abbracci, strette di mano, tutto alla Pozzecco nel bene e nel male. Il senno di poi, che spiega sempre tutto, dice che è stata la scintilla che ha scatenato l’Italia, ma non si può dire che per un allenatore farsi espellere e lasciare la squadra senza guida per quasi metà partita sia una bella idea. Certo da lì, con la squadra in mano formalmente agli assistenti e a Recalcati, l’Italia ha cambiato marcia. È in ogni caso la Nazionale di Pozzecco, incapace di reggere la pressione di una simile partita ma di sicuro bravissimo nel far arrivare all’appuntamento la squadra con lo spirito giusto, concentrata ma anche leggera, con gerarchie chiare fra leader e gregari.

L’Italia per un quarto e mezzo autogestita ha incrociato una Serbia che in attacco non ci ha capito più niente contro Melli, Pajola e la perfetta difesa sulle linea di passaggio. Una Serbia che si è attaccata a Jokic, che peraltro ha fatto il suo anche se ora si dirà che non è un leader, un trascinatore, eccetera. In questi minuti Spissu ha tirato fuori tutto in attacco ma anche sull’altro lato del campo, e insieme a lui sono ulteriormente cresciute anche le altre certezze azzurre, da Fontecchio, 19 punti, a Polonara, 16. Un’Italia che l’ha vinta con la difesa, ripetiamo, con i fenomenali Jokic e Micic che hanno segnato 48 punti (32 Jokic) in due, ma gli altri troppo nervosi contro il muro azzurro. Ci sarà tempo per analizzare a freddo questa impresa, per il momento ci sono lacrime di gioia per una Nazionale meravigliosa, oltretutto priva dell’infortunato Gallinari, una squadra molto superiore al livello medio della pallacanestro italiana. Una squadra da pelle d’oca. E non è ancora finita.

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