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Eurobasket 2022, il minimo di Pozzecco© LAPRESSE

Eurobasket 2022, il minimo di Pozzecco

Il punto su Eurobasket 2022 prima degli ottavi di finale: nessuna grossa sorpresa, con l'Italia passata come quarta nel suo girone. Chissà come Petrucci avrebbe preso lo stesso risultato da parte di Sacchetti...

Redazione

09.09.2022 ( Aggiornata il 09.09.2022 18:13 )

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Si è chiusa la prima fase di Eurobasket, la fase a gironi che ha coinvolto 24 nazionali, con 8 squadre eliminate e 16 che invece hanno avuto accesso alla seconda fase. Non si sono qualificate, pur con una vittoria, Georgia e Bulgaria, del gruppo A, Bosnia Erzegovina, con due vittorie e Ungheria a zero , del gruppo B, Estonia, con una vittoria e Gran Bretagna a zero vdel nostro gruppo, Israele, con due vittorie e Olanda, a zero, nel gruppo D. Prevedibile l’esclusione di Olanda e Gran Bretagna, forse le più lontane da un livello minimo europeo, sorprendono quella di Israele e della Bosnia, pur inserita in un girone molto duro.
L’Italia ha raggiunto l’obiettivo minimo, o forse sarebbe meglio dire il minimo dell’obiettivo, accedendo al secondo turno a eliminazione diretta in quel di Berlino come quarta classificata. Posizionamento che la porta direttamente all’incrocio contro la Serbia di Jokic, candidata alla vittoria finale. Un piazzamento frutto della sconfitta contro l’Ucraina, che ci ha così soffiato il terzo posto nel girone e che nella seconda fase incontrerà la più abbordabile Polonia. Proprio la partita con l’Ucraina ha evidenziato i limiti della nostra nazionale, per molti rappresentati come caratteriali, ma che ad un'analisi meno superficiale si dimostrano essere fisici e tecnici.
In una partita in cui il tiro da fuori non è entrato e gli azzurri hanno lasciato il pallino del gioco in mano agli avversari è emersa l'incapacità di spostare il gioco, anche solo nella circolazione della palla, all’interno del pitturato o anche solo dentro l’arco dei tre punti. Quello che in maniera molto enfatica è stato chiamato come extra pass, dai commentatori televisivi, raramente si è tramutato in assist, ma è invece il più delle volte sembrato lo sterile prolungarsi della circolazione perimetrale del pallone in cerca di qualcuno che lo raccogliesse per tirare. Tiri che poi non venivano contestati a rimbalzo. Nel dopo partita Pozzecco è stato, come sempre, bravo a fare da parafulmine, prendendosi le colpe di una sconfitta che forse si sarebbe potuta evitare con rotazioni più larghe, quasi a prevenire domande sul poco impiego di Pajola, nonostante le difficoltà di Mannion al tiro e di Spissu a dare un ritmo alla partita.
Tutto è stato poi cancellato dalla vittoria con la Croazia, che è valsa il passaggio del turno, con Petrucci portato in braccio da Pozzecco, a festeggiare quella che è sembrata più un’impresa che una partita, con Pajola in campo e determinante assieme ai senatori Melli e Datome, a contorno di Fontecchio, unico tra gli azzurri ad avere, oggi, una vera dimensione internazionale. Una festa per l’ennesima delusione scongiurata, con l’accesso, dopo la scontata vittoria con la Gran Bretagna a lutto e per la prima volta in una competizione ufficiale con il nuovo inno “God save the King”, agli ottavi di finale.
Un accesso che giustifica la scelta di Petrucci di allontanare il sempre mal digerito Sacchetti alla vigilia degli Europei, che nasconde la penuria di giocatori italiani da ruotare in Nazionale, e che, se sarà bissato dall’accesso ai quarti (assolutamente fuori dalla nostra portata, per lo meno sulla carta), nasconderà come polvere sotto il tappeto tutti i problemi di una Federazione sempre più in crisi, per qualche anno ancora. Una Federazione che dovrebbe competere con il volley, e che rappresenta uno sport scomparso dalla Rai, dalle tv private e visibile solo su piattaforme a pagamento, per un pubblico di tifosi e non più di appassionati, che si restringe sempre di più, come i ghiacciai delle Alpi nelle calde estati italiane. Una Federazione guidata da un presidente uscente, pronto a intitolarsi i rari successi della squadra nazionale, e che per anni ha parlato in prima persona, accompagnando una crisi mai affrontata. 

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