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Il rinvio del Belinelli Day

Il rinvio del Belinelli Day

Il punto di Guerin Basket dopo la decima giornata di serie A: il valore di Vitucci, i tre giocatori di Varese, la crisi di Djordjevic, l'esonero di Sacchetti, la fine di Roma, le idee di Petrucci e tanto, o poco, altro...

Redazione

07.12.2020 13:57

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Il campionato arriva alla decima giornata, che finisce in archivio con Milano capolista e Brindisi unica in scia. Curioso come la squadra allenata da Francesco Vitucci non venga mai citata tra le candidate al titolo, ma sempre annoverata tra le sorprese del campionato. Domenica prossima ci sarà lo scontro diretto e il coach veneziano potrà misurare il proprio valore con i primi della classe, non avendo nulla da perdere come carta in più. Non ci sono rischi di classifica (la terza è Trento a 8 lunghezze di distacco), anche se in giro ci sono una decina di partite da recuperare, e non ci sono ambizioni di primato (umiltà la parola d’ordine più usata in casa della New Basket). 

Milano esce dal derby ancora più consapevole dei propri mezzi, anche se la partita con Varese è parsa davvero molto facile. Bulleri parla di squadra reattiva e a tratti gagliarda, poi cerca di ridimensionare il tutto, parlando di partita assolutamente fuori portata e di prossimi impegni importanti. A guardare i numeri però i 59 punti su 70 segnati da soli tre giocatori (Scola, Strautins e Douglas), con gli altri a far da contorno e i 96 punti subiti, forse meriterebbero altra analisi. 

A Bologna doveva essere il Belinelli Day, con tanto di diretta Rai (sport) in orario privo di concorrenza televisiva (calcio, F1, Motomondiale, DPCM, sbarco degli alieni, etc) ma il tanto decantato talento di San Giovanni in Persiceto è stato portato solo in panchina, saltando anche il riscaldamento (a scanso di equivoci). La Virtus Bologna ha perso una partita giocata a sprazzi da entrambe le squadre, con Sassari a fare da lepre e i padroni di casa a provare a ricucire. Una partita brutta, che ha mostrato i limiti della squadra di Djordjevic (espulso per doppio tecnico quasi subito) apparsa disunita e con i solisti Teodosic e Markovic a fare e disfare senza alcun legame con i compagni. La sensazione è che la Virtus Bologna non abbia al momento una propria identità, con alcuni giocatori che stanno sparendo dai radar (Alibegovic per esempio) dopo un buon inizio e altri che lo faranno a breve per innestare Belinelli (Pajola?). Coach Djordjevic deve sbrigarsi a correre ai ripari, perché la piazza reclama risultati e vittorie, a prescindere dal reale valore della rosa. Pozzecco intanto si gode il momento e festeggia insieme all’ultimo arrivato Katic (4 su 4 da 2 nell’ultimo quarto), una vittoria sul campo dove tutti gli avevano assegnato un ruolo da agnello sacrificale.  

A margine di tutto questo poi ci si chiede: vista la tavola apparecchiata con il servizio migliore, non era forse il caso di far giocare 5 minuti a Belinelli? E se la decisione di non farlo giocare era già stata presa prima, viste le attese create con conferenze stampa, presentazioni e dichiarazioni roboanti (“Il miglior acquisto del campionato italiano degli ultimi 40 anni”), non era forse il caso di comunicarlo prima? A posteriori quella di ieri è stata, più che una partita, un’occasione persa, l’ennesima, di un campionato dove ognuno può dire e fare ciò che vuole, a nome proprio ma spese di tutto il movimento. 

Se la Virtus Bologna piange, la Fortitudo Bologna non ride: ennesima sconfitta contro una rinata Brescia ed esonero di coach Sacchetti. Un po’ quello che ci si aspettava, e da tempo. La Fortitudo non è mai apparsa in grado di esprimere un proprio carattere e un gioco corale. E anche le parole chiave del gioco di Sacchetti sono sempre state disattese. In arrivo sulla panchina di Bologna coach Dalmonte (difesa fisica e attacco in velocità nella sua carta d’identità) a recuperare una squadra ultima in classifica, con un roster sulla carta da playoff e sul campo invece ben ancorato all’ultimo posto, due punti sotto la derelitta Virtus Roma.

Oggi si deciderà il destino proprio della Virtus Roma. La squadra della capitale che ieri per sua fortuna non ha giocato contro Trieste, ancora alle prese con una infezione da Covid,  sembra arrivata a un tristissimo epilogo della sua sessantennale storia. La proprietà non è in regola con i pagamenti delle tasse FIP, e ha tempo fino al 9 novembre per sanare la situazione, con penalizzazione di 3 punti in classifica, poi l’esclusione dal campionato e la radiazione della società. Claudio Toti, incontrando i tifosi ha detto (sia mai che si faccia un comunicato stampa al riguardo) di aver dato tempo fino al 7 novembre agli investitori americani (esisteranno?) per il passaggio di proprietà, poi la squadra verrà ritirata dal campionato. E amen. Su tifosi, giocatori, programmi, staff tecnico e societario. 

Venezia in casa ha perso contro Trento, difficile giudicare la squadra di De Raffaele in questo momento: giocatori fuori per Covid (ma non abbastanza per rinviare le partite), giocatori fuori perchè infortunati e giocatori spesso malconci in campo. Ancora più difficile giudicare la parole del coach veneziano che prima ammette il valore degli avversari e poi invoca rispetto per la sua squadra, che non va in campo per perdere ma che tale viene considerata dagli altri. Cosa avrà voluto dire? Non è dato sapere. 

Male Pesaro, mai in partita contro una solidissima Treviso che si fregia di una prestazione sontuosa di Sokolowski, oltre che del solito Logan. Per Repesa una battaglia persa sotto le plance e una gara dove si doveva giocare con ben altra consistenza. Priva di consistenza anche Reggio Emilia, incapace di opporre resistenza di fronte a Cremona con un passivo finale che sfiora i 30 punti e che per una volta benedice la mancanza di pubblico in presenza. Nulla di compromesso per la squadra di Martino, ma la consapevolezza che si si vuole salire lo scalino che porta al piano superiore, con vista sui playoff, qualcosa di meglio bisogna fare. 

In settimana si è tenuto il consiglio federale presieduto dal neo rieletto Petrucci. Il comunicato stampa che ne è seguito, in relazione alla riforma dei campionati, ribadisce la “personale culturale contrarietà” al blocco delle retrocessioni (di qui forse anche l’esonero di Esposito e Sacchetti) e, testualmente: “l’immediata volontà di valutare riforme che mirino a rimodulare, nel prossimo futuro, i campionati di vertice”: roba che neanche il Conte Mascetti e con buona pace di chi si aspettava qualcosa di concreto. 

A Petrucci (ma anche a Gandini) bisognerebbe chiedere prima di tutto quale sia lo stato del campionato italiano. Se quello dell’Olimpia, che non risente minimamente della contingenza, quello della “sorpresa” Brindisi, in grado di programmare e costruire una concreta realtà, o quello di Bologna (sponda Virtus) che in piena crisi e senza ritorno economico di sorta (se non, forse, in ottica Eurolega) mette in roster un giocatore da mercato NBA (ma poi dimentica di farlo esordire). Se sia lo stato della Reyer, troppo poco malata per non giocare ma troppo malata per vincere. O se ancora lo stato del campionato sia quello della Virtus Roma, squadra in piena crisi economica e societaria, che finora, a parte l’abnegazione di coach, gruppo italiano, e qualcuno dello staff ha mostrato i limiti di un movimento che dovrebbe essere professionistico, mettendo in campo chi voleva andare e a breve porrà fine alla sua storia, senza che qualcuno abbia detto una sola parola. Ora si parla di trasformare il campionato in una sorta di superlega a 12 squadre (fino a 2 anni fa se ne voleva uno da 20 squadre). Si parla, appunto, ma non si fa niente, semmai si fa dopo.

 

 

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