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L'Italia di Banchero e Mannion©  LaPresse

L'Italia di Banchero e Mannion

Il futuro azzurro che si avvicina, 

Stefano Olivari

02.03.2020 17:51

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Paolo Banchero non è una nostra fissazione, visto che in Guerin Basket ne parliamo quasi ogni settimana, ma probabilmente la differenza fra una Nazionale ambiziosa e un eterno vivacchiare rimpiangendo le tante occasioni buttate dalla generazione NBA (Bargnani, Belinelli, Gallinari, per non dire di Datome e Melli) che in azzurro ha spesso deluso e mai ha fatto salire il livello dei cosiddetti normali. Tornando a Banchero, l’intervista del dirigente azzurro Salvatore Trainotti a Tuttosport ha seminato un certo ottimismo sul futuro di Banchero con l’Italia. Per onestà va ricordato che il ragazzo di Seattle, classe 2002, non parla una parola di italiano e come unico rapporto con l’Italia ha i bisnonni: ha comunque titolo per avere il passaporto e soprattutto, se Sacchetti lo impiegherà nel preolimpico di Belgrado, quando sarà ancora minorenne, per giocare nel resto della sua vita come italiano di formazione, quindi non rientrante nella quota di naturalizzati (1 su 12, il Brooks della situazione o prossimamente DiVincenzo) tollerata dalla FIBA. Per il futuro dell’Italia, a prescindere da chi la allenerà, un lungo di sicuro avvenire come Banchero vale anche di più di una guardia pur fortissima come Nico Mannion. Che ha senz’altro respirato più cultura italiana (sua madre è italiana, lui è nato a Siena), ma dal punto di vista della formazione non è meno americano di Banchero. Insomma, ci stiamo adeguando all’andazzo generale ma lo stiamo facendo, a differenza di altri, nella legalità. Certo è che il preolimpico di Belgrado sarà in ogni caso decisivo per i prossimi 15 anni azzurri, chissà che la fusione NBA-Baby fenomeni non porti anche ad un risultato storico.

L’evoluzione del coronavirus e soprattutto della psicosi ad esso legata toglie senso ad ogni ragionamento sul calendario dei campionati di pallacanestro, ma non ad una considerazione generale: se il calcio può tenere botta a lungo, dal punto di vista finanziario, anche giocando a porte chiuse, per il basket il perdurare di questa situazione significa rovina sicura. Ogni squadra di Serie A incassa infatti dai contratti televisivi con RAI ed Eurosport circa 120.000 euro l’anno, l’ingaggio di uno straniero meno che mediocre, e quasi ringrazia di non doversi pagare i costi di produzione. Al di là di sponsorizzazioni e mecenatismo, gli unici soldi veri arrivano dal pubblico nei palazzetti, nonostante tutto sempre numeroso e fidelizzato. Certo non si può andare contro decisioni prese dal Governo nel nome (ufficialmente) della salute pubblica, ma la realtà è che in pericolo non c’è solo la regolarità dei campionati di A e A2, ma proprio i campionati. E fra poco si parlerà dei playoff con fomula light, quindi con meno partite ed incassi. 

Umberto Gandini è il nome che ha messo d’accordo un po’ tutti come amministratore delegato della Lega, non è il commissioner che possa gestire il fantomatico ‘Prodotto Serie A’ a prescindere dalla volontà dei pochi club che contano, ma di sicuro è un dirigente che viene dallo sport e che nella pallacanestro non è identificabile come personaggio di parte. La sua nomina diventerà ufficiale nell’Assemblea di lunedì prossimo, ma una partenza con il piede sbagliato sembra la possibilità per Gandini di uscire dal contratto nel caso lo chiami un grande club di calcio. Non proprio un attestato di fiducia nei confronti del prodotto Serie A. 

Il ritorno di Cecilia Zandalasini nella WNBA, dopo avere saltato un anno causa Europei ed infortuni, dice molto sul carattere di una ragazza che nelle prime due stagioni alle Minnesota Lynx è stata una panchinara quasi fissa. Appena finita la stagione con il Fenerbahce, dove sta facendo discrete cose, la ventiquattrenne stella della nostra pallacanestro femminile andrà direttamente negli Stati Uniti (la stagione WNBA inizia il 15 maggio) e non dovrà saltare grandi appuntamenti azzurri, visto che l’Italia non è qualificata per i Giochi di Tokyo e nemmeno lo era stata per il recente torneo preolimpico. La sensazione, a dirla tutta, è che la Zandalasini rispetto alla Zandalasini di tre anni fa, stia giocando troppo e migliorando poco. Magari le due cose non sono collegate, ma pensiamo di sì. 

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