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Grande Reyer, ma 37 anni fa contava di più© LaPresse

Grande Reyer, ma 37 anni fa contava di più

La squadra di De Raffaele battendo Avellino ha conquistato la terza edizione della FIBA Europe Cup, per livello tecnico la quarta coppa europea. Successo da festeggiare, ma ottenuto in un contesto organizzativo anarchico e con gli appassionati che faticano a capire il valore di ciò che vedono...

Stefano Olivari

03.05.2018 16:52

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Quella della Umana Reyer Venezia nella FIBA Europe Cup è pur sempre una vittoria internazionale di una squadra italiana, che alla nostra pallacanestro di club mancava da quattro anni, cioè dall’Eurochallenge vinta nel 2014 dalla Reggio Emilia di Max Menetti, con in campo Andrea Cinciarini, Kaukenas, Cervi, Gigli, Filloy (oggi nella Avellino battuta da Venezia all'ultimo atto) e James White. Detto questo, dopo le due tirate finali con la Sidigas bisogna dire che il trofeo alzato dai campioni d’Italia ha un peso specifico bassissimo. Nemmeno paragonabile alla più volte ricordata finale di Coppa Korac 1981, quando la bella Carrera di Haywood, Dalipagic, Gracis e Della Fiori buttò via contro la Joventut Badalona una finale già vinta. Di certo Tonino Zorzi il canestro di Galvin che mandò la partita al supplementare se lo sogna ancora di notte.

Questa coppa è stata inventata tre anni fa dalla federazione internazionale per fare concorrenza all’Eurocup, che fa parte del mondo dell’Eurolega (in questa stagione per l’Italia hanno partecipato Trento, Torino e una quasi eroica Reggio Emilia arrivata alle semifinali), che al piano di sopra ha la Milano di Armani e Pianigiani. Come nell’Europa League calcistica, nella FIBA Europe Cup quando inizia la fase ad eliminazione diretta entrano in gioco le migliori (cioè le quinte e le seste, nel basket) fra le eliminate nei 4 gruppi di stagione regolare della FIBA Champions League. Ed infatti dalla coppa FIBA formalmente più importante, nata nel 2016 e vinta l’anno scorso da Tenerife, sono ‘scese’ Venezia, Avellino e anche Sassari. È difficile che l’appassionato occasionale possa tenere il filo di tutto questo, basandosi sulle brevi dei giornali e con manifestazioni che cambiano di nome ogni due o tre anni, ma non si può certo biasimarlo.

Rispetto alle due coppe FIBA il livello di Eurolega ed Eurocup è molto più alto, ma questo non significa che il resto sia da buttare. Il punto della questione è che questa anarchia organizzativa fa male a tutti, in un mondo in cui i non tifosi seguono soprattutto la NBA. Il fatto che Venezia e Avellino siano ben allenate da De Raffaele e Sacripanti e che siano le uniche due realtà che possano dare fastidio a Milano per lo scudetto non deve far dimenticare che nella già triste Champions League (nome davvero usurpato) ben 16 squadre si siano dimostrate superiori a loro. Proiettare a un livello più alto le grandi giocate di Haynes, Daye, Rich e Fesenko è quindi qualcosa fra il tifo e il marketing. Detto questo, non è che il mondo privatistico Eurolega sia il bene e quello federale FIBA il male, anzi sul piano ideologico è probabilmente vero il contrario: una NBA di serie B, come è l’Eurolega con le sue licenze pluriennali e il suo minimo ricambio, ha poco senso visto che tutti guardiamo la NBA vera. Il ritorno al diritto sportivo, alla partecipazione a una coppa guadagnata con vittorie o punti in una classifica, sarebbe più nella natura dello sport all’europea. Che questo accada con una grande fusione o attraverso fallimenti non lo sappiamo, certo è che questa pallacanestro divisa in due risulta incomprensibile anche a chi la segue.

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