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Eurobasket 2017, una generazione al capolinea

Eurobasket 2017, una generazione al capolinea

Redazione

14.09.2017 ( Aggiornata il 14.09.2017 11:46 )

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L'Italia della pallacanestro è uscita dall'Europeo perdendo ai quarti di finale contro una Serbia nettamente più forte e organizzata, ma si è battuta con onore ed è andata leggermente oltre le aspettative della vigilia, complice anche il buon accoppiamento negli ottavi con la Finlandia. È la terza volta consecutiva che gli azzurri si fermano a questo punto, ma è forse la prima in cui tutti ci rendiamo conto che l'Italia non può davvero andare oltre. Infatti sia nel 2013 in Slovenia sia due anni fa in Francia, in entrambe le occasioni con Pianigiani in panchina, l'Italia aveva perso di misura in partite girate su due episodi, nei quarti e sempre con la Lituania: nel primo caso era l'Italia di l'Italia di Datome (classe 1987), Belinelli (1986), Melli (1991), Aradori (1988), Gentile (1992), nel secondo c'erano anche Bargnani (1985), Gallinari (1988) e Hackett (1987). In Israele prima e in Turchia poi Messina ha dovuto fare a meno di Gallinari per la vicenda tuttora non chiarita (nei suoi aspetti medici) del pugno a Kok, mentre Bargnani e Gentile non sono stati ritenuti presentabili. In ogni caso con questo Europeo si chiude un decennio di grandissime speranze e di zero medaglie (oltre che di zero qualificazioni a Mondiali o Giochi Olimpici), partito con gli Europei di Spagna 2007 in cui fra i convocati c'erano già Bargnani, Datome e Belinelli. Un periodo in cui fra le prime quattro d'Europa sono arrivate Spagna (6 volte su 6!), Russia, Serbia, Francia e Lituania (3 volte), Grecia e Slovenia (2), Croazia e Macedonia. Questo per dire che i quarti di finale per l'Italia attuale sono da considerarsi un buon risultato, che non merita processi e che avrebbe meritato una vetrina televisiva ampia (il paragone con il volley in prima serata su Rai Uno fa male), ma anche per ricordare che Gallinari un anno fa disse "Se non abbiamo mai vinto niente e mai nemmeno ci siamo andati vicino, significa che siamo stati tutti sopravvalutati". Difficile dargli torto. Visto che il calendario della pallacanestro europea cambierà e gli Europei diventeranno quadriennali (prossima edizione nel 2021), con gli ancora più ingiocabili Mondiali nell'altro anno dispari del quadriennio, a Istanbul di questa generazione di nati fra il 1985 e il 1988 (mettiamoci anche il 1985 Cusin e il 1986 Cinciarini) si è probabilmente visto l'ultimo malinconico urrah. Datome ha detto che si prenderà un anno di pausa ed in ogni caso nelle insulse qualificazioni che spezzano la stagione non potrebbe esserci, Belinelli ha fatto capire di essere al capolinea, di sicuro non scommetteremmo su un futuro azzurro di Bargnani, mentre magari Gallinari potrebbe trovare la rabbia per mettersi a disposizione per l'eventuale, eventualissimo, Mondiale cinese, quando avrà 31 anni e ancora zero titoli (i Clippers sono buoni ma non da anello) vinti in carriera. Una partita persa contro un avversario più forte (ed era la Serbia B, con più grandi assenti che grandi presenti, fatta eccezione per il fantastico Bogdanovic) non è la situazione ideale per discutere dei massimi sistemi, ma la banale osservazione della realtà indica che il problema italiano non è la Nazionale, che anche nel 2017 ha messo in campo una formazione di buon livello, ma chi sta immediatamente dietro. Già il livello dei panchinari di questo Europeo dice qualcosa, ma non quanto i minutaggi delle partite di campionato. Lunga vita ad Hackett e Melli, sperando nell'esplosione di Della Valle e in una seconda vita di Gentile. Magari la Nazionale dei Tonut, dei Flaccadori e dei Mussini ci stupirà, nel contesto del free basketball alla Sacchetti, ma lo sapremo fra qualche anno. Adesso rimane l'amarezza per una generazione che poteva e doveva fare di più, anche senza ironizzare sulla 'nazionale più forte di sempre' che Petrucci aveva lanciato prima del tragico preolimpico di Torino.

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