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Stoudemire americano di una volta

Redazione

02.08.2016 ( Aggiornata il 02.08.2016 08:28 )

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La clamorosa firma di Amar'è Stoudemire con l'Hapoel Gerusalemme ci ricorda che fino a pochi anni fa l'Europa e in particolare l'Italia sono state un credibile cimitero degli elefanti per grandi stelle della NBA: da George Gervin ad Artis Gilmore, da Bob McAdoo a Dominque Wilkins, passando per Sugar Ray Richardson e tanti altri, c'era chi aveva già dato tutto e chi invece è riuscito a illuminare i parquet ancora per un po'. Tutto questo è durato fino a quando la NBA è riuscita a mettere in campo cifre notevoli anche per semplici agitatori di asciugamani, un fenomeno che l'innalzamento presente e futuro del salary cap non potrà che estremizzare, togliendoci anche quei pochi sogni di mezza estate (di culto i giorni di Shawn Kemp a Montegranaro, nel 2008). Tornando a Stoudemire, bisogna dire che nel suo contratto biennale con la squadra allenata da Simone Pianigiani c'è il trucco: dell'Hapoel Gerusalemme lui è azionista (ma presto venderà le sue quote, per evitare imbarazzi) e gli altri soci sono persone a lui collegate. Un giocatore come lui avrebbe avuto ancora mercato nella NBA, anche al netto degli infortuni e dell'impiego non adeguato al suo status e alla sua storia, quindi se si è messo in gioco in Europa è anche perché pensa di avere ancora qualcosa da dare sul campo. Buon per l'ex c.t azzurro, che di sicuro non ha pianto per il fallimento di Messina e Petrucci a Torino e che si ritrova a disposizione una squadra davvero fortissima: Jerome Dyson poco più di un anno fa uomo scudetto a Sassari, Tarence Kinsey visto in Italia a Pesaro, l'ex milanese Curtis Jerrells, Shawn James kosovaro (non) per caso e due dei pochi israeliani di grande spessore, Lior Eliyhau e Yotam Halperin. Squadra quasi da Eurolega, senz'altro fra le favorite dell'Eurocup a cui hanno dovuto rinunciare le italiane nel nome di buoni arbitraggi nel preolimpico. Ma tornando a al 34enne Stoudemire, al di là del notevole impatto mediatico per il 6 volte All Star la curiosità è per quello tecnico: dopo gli anni di gloria ai Suns e quelli controversi ma profittevoli (100 milioni di dollari tondi, contratto firmato nel 2010) ai Knicks, compromessi dall'infortunio del 2012, una stagione e mezzo da comparsa a Dallas e Miami per poi decidere di cambiare vita e sperare che le ginocchia gli diano tregua. Se non è totalmente rotto in Europa sarà un giocatore fantastico, pur essendo un ricordo l'atletismo strabordante dei tempi dei pick and roll con Nash e mettendo sempre asterisco dei tre secondi difensivi che da noi non ci sono: con le aree piene daremmo altri giudizi su quasi tutti i lunghi NBA e la loro tecnica imbarazzante. Giocatore di scarsissima scolarizzazione (non solo non ha fatto il college, ma di fatto ha saltato mezza high school a causa di una biografia che per le stelle NBA non è inedita), Stoudemire è stato costretto ad aggiungere dimensioni al suo gioco dai tanti infortuni. Interessante è anche il suo percorso per diventare ebreo, di cui nel corso degli anni lui stesso ha fornito differenti versioni: parentele per parte di madre, letture e viaggi fatti privatamente, offerta della federazione israeliana caldeggiata nientemeno che da Shimon Peres, o un misto di tutto questo. Di certo fa sul serio, visto che si vuole trasferire a Gerusalemme con moglie figli. Una buona notizia per l'Europa.

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