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Una Nazionale da NBA ma non troppo

Redazione

01.04.2016 ( Aggiornata il 01.04.2016 11:49 )

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L'evento più emozionante della pallacanestro americana, a prescindere da chi va in campo, sono le Final Four NCAA. Che partono nella notte (italiana) fra sabato e domenica, con la finale in quella fra lunedì e martedì. Delle quattro grandi favorite della vigilia a Houston sarà presente soltanto North Carolina, mentre le altre tre sono state battute nella finale del rispettivo Regional (traduzione: i quarti di finale del torneo) da Oklahoma, Villanova e dall'incredibile Syracuse, come valore tecnico sulla carta l'unica vera intrusa nell'atto conclusivo della stagione di college. Le curiosità sono tante, ma la più significativa è che la semifinale fra North Carolina e Syracuse, con i Tar Heels strafavoriti, sia fra due due squadre che hanno per anni infranto le regole fondamentali della NCAA e che per questo sono state e saranno duramente sanzionate. Si è infatti scoperto che per 18 anni a North Carolina i giocatori migliori sono stati inseriti in classi ad hoc (qualcuno dice addirittura inesistenti), in modo da tenere i loro voti a un livello sufficiente per mantenere l'eleggibilità universitaria. Syracuse invece nell'arco di otto anni ha infranto altre regole, in particolare quelle sui benefit concessi agli studenti-atleti, cosa che ha portato a una supermulta e alla cancellazione di 101 vittorie dal record della squadra (e quindi anche da quello dello storico coach Jim Boeheim, commovente profeta della zona 2-3). L'ipocrisia di fondo è evidente: tutti sanno che nei college sportivamente più famosi i giocatori transitano soltanto per mettersi in mostra (un anno è poi obbligatorio, visto che la NBA è vietata agli under 19) e che i loro esami sono spesso barzellette, ma l'importante è non farsi scoprire. Il fascino della NCAA comunque rimane, a dispetto di tutto: tutti, dai fenomeni ai più scarsi, in tutte le partite e non solo in Division I, giocano a pallacanestro sul serio. Marino ha liberato la Lega dalla sua presenza, dimettendosi da presidente (ufficialmente lo farà fra due settimane) proprio mentre è in corsa per la carica di sindaco di Brindisi, anche se il vero motivo è che è stato sfiduciato da almeno metà dei club, i quali fra le altre cose gli imputano una gestione pessima della vicenda Eurocup-FIBA, che da Petrucci che lo ritiene parzialmente colpevole della ribellione di Trento, Sassari e Reggio Emilia. La Lega è adesso in mano al triumvirato Costa (Pesaro), Crovetti (Virtus Bologna) e Feira (Torino), come al solito l'idea da dare in pasto ai media è quella del mitico commissioner indipendente che lavori per il bene comune e non abbia conflitti di interesse. Dubitiamo che vada in questo modo, in un campionato dove convivono realtà troppo diverse non soltanto economicamente, ma lo speriamo sempre. Più facile trovare questo dirigente in altri sport (nelle ultime ore è tornato il nome di Galliani, fatto al Guerino da 2 dei 16 votanti: non sarà lui, ma questa è l'idea) che nella pallacanestro, dove sospetti e veti incrociati gli impedirebbero qualsiasi mossa concreta. Tanto è vero che anche personaggi fuori dai giochi da anni, come Bulgheroni, suscitano antipatie e reazioni negative al solo nominarli. È aprile e la prossima stagione è nella più totale incertezza organizzativa: siamo per il primato della Nazionale, ma non si può far ruotare tutto il sistema intorno a possibili arbitraggi ostili durante il preolimpico, anche perché Grecia e Croazia ci potrebbero battere in ogni caso. A proposito di Nazionale, fa impressione che Marco Belinelli abbia da poco compiuto trenta anni avendolo sempre considerato il giovane della situazione. In Italia perché era giovane veramente (ha lasciato la Fortitudo Bologna per la NBA nel 2007, a 21 anni) e nella NBA perché anche nelle sue annate buone, la più famosa è quella dell'anello con gli Spurs ma la nostra preferita è quella ai Bulls, è sempre stato sia un outsider (cosa che Bargnani, scelto addirittura alla numero uno, e Gallinari non sono mai stati) che un giocatore di complemento. Insomma, una riserva. Anche nei Kings, scelti per soldi (nulla di male) con pentimento quasi immediato. Bargnani si presenterà al preolimpico di luglio con l'ultima partita vera giocata il 6 febbraio: in mezzo la preparazione in solitaria a Roma controllato da Calvani e Cuzzolin, più qualche amichevole. Gallinari è in una situazione simile, l'ultima sua partita risale al 26 febbraio ed è un peccato perché la sua stagione era fino a quel momento stata ottima, pur nel contesto perdente dei Nuggets. È vero, adesso abbiamo i giocatori NBA che a tempi di Marzorati e Meneghin non avevamo (ma erano anche altri tempi, la NBA nemmeno la vedevamo in televisione), ma bisogna anche vedere che cosa al di là del marketing realmente rappresentano nella NBA questi giocatori. Abbastanza, in un ambiente di fascia bassa, Gallinari, niente Bargnani e Belinelli. Pensiamoci, prima di crocifiggere i Pianigiani e (forse) i Messina.

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