Giornale di critica e di politica sportiva fondato nel 1912

La dura vita di Mourinho

La dura vita di Mourinho

Redazione

26 ottobre 2016

  • Link copiato

Passano le stagioni e cambiano i risultati ma al centro dei riflettori rimane sempre lui: José Mourinho. E forse – e quel forse è solo un pro forma – ad un carattere tanto narciso ed accentratore come il suo fa piacere così. Poco importa che la sua squadra vinca o che venga cotta a puntino per 90’, ciò che catalizza l’attenzione sono le parole o le reazioni del profeta di Setubal. Capita così che, a seguito di un’imbarcata capace di far impallidire il Titanic, si parli più delle sue lamentele con Conte che delle falle – per usare un eufemismo – del suo Manchester United.

“A pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca”, sosteneva Giulio Andreotti. E conoscendo il copione trito e ritrito di Mou non è neanche troppo difficile. Viene automatico pensare che il presunto fastidio per l’euforia del collega sia stato un disperato tentativo per distogliere l’attenzione da quello che (finora) possiamo considerare come un fallimento clamoroso. Allo stesso modo, le dichiarazioni dopo la gara contro il Liverpool (dove sostenne di aver schiacciato gli avversari) tradivano l’intenzione di spostare l’attenzione su di sé e sulle sue parole, offuscando la prestazione mediocre dei suoi. Pratica, questa, presente nel suo repertorio e già più volte utilizzata nel corso della carriera.

Purtroppo per lui e per la parte rossa di Manchester, però, i numeri non mentono e descrivono, fin qui, un flop di proporzioni inaspettate. Una squadra che, di fatto, squadra non è, priva di quel mordente che ha tradizionalmente tratteggiato le squadre di Mourinho. Un gruppo – allenatore compreso – imborghesito ed incapace di reagire agli schiaffi incassati, ma che preferisce cullarsi sull’autocelebrazione delle proprie potenzialità.

Un bluff che ha assunto i caratteri di Paul Pogba, uomo immagine di questo momento in casa Red Devils, ancora senza un ruolo ben definito e su cui pesa come un macigno la somma spesa per il suo ingaggio (come se fosse colpa sua…). Ma, al netto del momento no del francese, è il Manchester United a sembrare una squadra monca e con poche certezze. A partire dal pacchetto arretrato, da sempre punto di forza delle squadre del portoghese, che quest’oggi si ritrova col buon Bailly affiancato da uno Smalling in versione piaga d’Egitto. Detto di Pogba, a centrocampo si spera in Ander Herrera mentre l’unico compito di Fellaini è quello di limitare i danni. Il reparto offensivo, infine, è la dimostrazione di come tanti buoni ingredienti non producano per forza un ottimo piatto. La stella (calante) di Ibrahimovic ha offuscato tutti, “tappando” ogni spazio e obbligando alla naftalina Rooney. Pochi movimenti e collaborazione latitante coi compagni. Martial è ormai un comprimario mentre Rashford predica nel deserto, tra corsa e buona volontà. Il tutto senza dimenticare il ben di Dio lasciato a marcire nel dimenticatoio: da Rojo a Schweinsteiger passando per Depay. L’esaltazione dello spreco dettata dall’orgoglio.

Sembra lontana, dunque, la primavera dall’Old Trafford. Nonostante le avversarie sembrino voler aspettare i Red Devils, i segnali lasciati in eredità a Stamford Bridge parlano di un gruppo che difficilmente rispetterà le smisurate attese. E di un tecnico che, come cantato (ingenerosamente) qualche giorno fa dai tifosi blues, forse non è più così special.

Stefano Sulis

Condividi

  • Link copiato

Commenti

Loading...





















Leggi Guerin Sportivo
su tutti i tuoi dispositivi