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WADA, il doping legale alla anglosassone

WADA, il doping legale alla anglosassone

Redazione

21 settembre 2016

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La terza tornata di rivelazioni da parte degli hacker entrati nell'archivio della WADA ha dimostrato di nuovo che l'antidoping mondiale ha diviso gli sportivi in quattro gironi: quello dei cattivi di paesi in qualche modo controllabili, almeno a posteriori (esempio: Russia), quello dei cattivi dei paesi facilmente controllabili (esempio: Italia), quello dei cattivi dei paesi impossibili da controllare in maniera capillare (esempio: Kenya) e quello dei cattivi che vogliono anche passare per buoni. Un girone molto esclusivo, il quarto, di cui fanno parte Stati Uniti, Gran Bretagna e buona parte di un mondo che forzando un po' il concetto potremmo definire anglosassone. Quel mondo che poi ha sempre controllato e indirizzato a più livelli l'agenzia antidoping fin dalla sua fondazione nel 1999: presidenti della WADA sono stati nell'ordine il canadese Dick Pound, l'australiano John Fahey e lo scozzese Craig Reedie, attualmente in carica, con la sede centrale in Canada. Di più: la WADA non è più interamente finanziata dal Comitato Olimpico Internazionale, come era all'inizio della sua storia, ma il budget dipende per metà da governi nazionali. E quali sono questi stati? Quello che più di tutti finanzia la WADA sono gli Stati Uniti, che stando alla stessa WADA contribuiscono per circa il 15% al budget totale, con il Canada che vale circa la metà. L'Australia mette il 2,18% e il Regno Unito circa il 5,5%, per citare altri due paesi forti e sostanzialmente impuniti. I dati sono pubblici, quindi i calcoli sono semplici: gli Stati Uniti più i loro satelliti più l'area Commonwealth incidono per oltre il 40% sui finanziamenti statali della WADA, un peso superiore a quello dell'Europa senza la Russia (che da sola vale il 5%) e la Gran Bretagna. I numeri parlano da soli, anche senza mettersi a fare geopolitica da treno. E anche uscendo dai titoli su Farah, Froome, la Biles, eccetera, altri numeri parlanti sono quelli delle esenzioni per uso terapeutico concesse dalla WADA stessa, con Gran Bretagna e Stati Uniti a dominare grazie anche alla connivenza di alcune federazioni internazionali (non quella del vituperato ciclismo, dove gli asmatici sono miracolosamente diminuiti) e un meccanismo poco trasparente di approvazione. Insomma, le divisioni fra buoni e cattivi sono impossibili e in questa materia ancora di più, però è evidente che c'è chi ha la licenza di doparsi anche se tecnicamente non può essere definito dopato. Twitter @StefanoOlivari

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