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Nadal, vittoria con querela

Nadal, vittoria con querela

Redazione

26.04.2016 ( Aggiornata il 26.04.2016 15:00 )

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Vincendo anche a Barcellona, dopo il trionfo a Monte Carlo, Rafa Nadal non ha ancora dimostrato di essere quello di una volta, perché questo lo potrà fare soltanto contro la stramotivato Djokovic del Roland Garros, ma di sicuro non è nemmeno parente del Nadal del 2015. La resurrezione, per un tennista che ha sempre chiesto tantissimo al suo fisico e che è vicino ai trent'anni, non era affatto scontata e vale anche più di record come i 49 tornei sulla terra di Vilas che vanno bene per Wikipedia ma che in prospettiva storica significano poco: il peso specifico delle vittorie di Nadal è talmente superiore a quello dei tornei di Vilas ma anche di Borg, per mere ragioni organizzative del caotico tennis anni Settanta, da non necessitare nemmeno di una spiegazione. È significativo che Nadal abbia atteso di tornare alla vittoria per querelare Roselyne Bachelot, l'ex Ministro francese della Salute e dello Sport, che il mese scorso in alcune sue dichiarazioni televisive aveva accostato il nome dello spagnolo al doping. Per la verità la Bachelot sarà stata la millesima persona a fare illazioni del genere, la differenza è che lo ha fatto chiamando in causa anche l'ATP. "Nel tennis non vengono resi noti i controlli che risultano positivi e non si rendono pubbliche le sanzioni. Il famoso infortunio di Nadal, che lo ha tenuto fermo per 7 mesi, è certamente dovuto a un test antidoping in cui è risultato positivo. Se un tennista si ferma così a lungo, molto spesso è proprio perché è stato coperto", queste le frasi più significative, che hanno fatto infuriare il clan Nadal ma che di sicuro nel mondo del tennis qualcuno avrà accolto con soddisfazione. La Bachelot infatti non si è riferita alla cosiddetta 'scuola' spagnola, in minima parte svelata dall'Operacion Puerto, ma alla lunga assenza di Nadal fra il 2012 e il 2013 (e indirettamente a quelle di altri tennisti, aggiungiamo noi), mai totalmente chiarita. Si sa che, per definizione, i dopati sono sempre gli altri e mai i nostri. Ma nel tennis tutto è più particolare che in altri sport perché al di là della WADA, che è un'agenzia indipendente, e dell'ITF (la federazione internazionale che controlla Davis e attività giovanile, oltre ad avere messo il cappello sui tornei dello Slam che però vivono di vita propria), i giocatori dovrebbero essere controllati e squalificati dall'ATP, cioè da loro stessi. Si capisce quindi come mai tante assenze, vale ovviamente anche al femminile per la WTA, siano in realtà squalifiche mascherate. Situazioni che nei casi singoli, come quello di Nadal, sono indimostrabili a meno di non mettere le mani sulle comunicazioni dell'ATP ai suoi iscritti. Da registrare le differenti prese di posizione dei Fab Four nei confronti del tema: secondo Djokovic il doping nel tennis non esiste o è marginale, secondo Federer in parte esiste e va combattuto, secondo Murray esiste e va combattuto con ogni mezzo, mentre Nadal non entra nel merito 'globale' ma vuole combattere la diffamazione nei confronti dei singoli giocatori. Da notare che i pochi grandi nomi toccati da squalifiche (ultimo esempio la Sharapova agli Australian Open) abbiano 'fallito' i loro test in tornei fuori dalla giurisdizione ATP-WTA.

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