Jean-Marc Bosman se la sta passando male, anzi malissimo. Se davvero due decenni fa la sua causa presso la Corte di Giustizia dell'Unione Europea è stata finanziata dai grandi club, come qualcuno ancora oggi sostiene (forse anche perché il suo avvocato, Dupont, in seguito avrebbe promosso altre cause care ai chi ha i soldi veri, come quella contro il fair play finanziario dell'UEFA), quei soldi sono di sicuro finiti. E da molti anni, creando i presupposti per i molti problemi creati a se stesso e agli altri. La domanda, nel ventennale della sentenza che ha rivoluzionato lo sport europeo e mondiale a partire dalla stagione 1996-97, è però una: è stata un bene? Non parliamo degli aspetti giuridici e della tutela delle libertà individuali: un lavoratore a fine contratto deve essere libero da vincoli e può andare dove vuole, una banalità che però fino a metà degli anni Novanta tanto banale non era (chi si ricorda dei parametri e prima ancora del vincolo?). La risposta soltanto sportiva è che la sentenza Bosman è stata una sciagura per molti sport, dove il traffico di cartellini in attesa del ricco di turno teneva a galla il sistema, ma non per il calcio. Il cui fatturato si è, in quasi tutti i campionati europei, almeno quintuplicato rispetto a vent'anni fa e con le nuove possibilità televisive che hanno più che compensato la fuga dagli stadi nei pochi paesi dove c'è stata. Certo, il concetto di nazionalità è di fatto scomparso e resiste solamente per qualche extracomunitario con procuratori molto onesti: un male per la pronuncia dei nomi, per l'identificazione dello spettatore nei suoi idoli e per il livello medio di alcune nazionali (come la nostra), mentre altre non hanno subito danni. Se tanti club nemmeno prendono in considerazione ragazzi nati sotto la sede la colpa non è di Bosman, ma di politiche miopi e (auto)razziste. Certo è che i calciatori non vivevano 'meglio' prima della sentenza, è soltanto (come in altri casi) che chi li guardava era più giovane di oggi.
Claudio Lotito considera i calciatori di medio livello alla stregua di quelli di livello basso e li paga di conseguenza. Applica lo stesso metro anche agli allenatori, dei quali non si innamora mai anche se a qualcuno (Delio Rossi e Reja) è rimasto più legato che ad altri. Per questo l'esonero di Pioli è una possibilità che proverà a rimandare il più possibile, secondo quanto rivelato ad amici del Guerino e nonostante ciò che si sta dicendo: mille nomi, dal solito Simone Inzaghi, allenatore della Primavera, addirittura al neotelecronista Trapattoni, tutti validi ma nessuno realmente preallertato. Un sondaggio privatissimo, condotto personalmente, gli ha detto che la squadra è con Pioli, quindi solamente un tracollo (non una sconfitta normale) con l'Inter domenica sera potrebbe indurlo a privarsi prima di Natale di un milione di euro da gettare sulla roulette della mitica 'scossa'. La ministoria dice che soltanto tre volte, in dodici stagioni di presidenza, Lotito si è lasciato indurre in tentazione: con Papadopulo all'inizio (ma con Caso si stava andando in serie B) e poi due volte con Reja. Insomma, mestieranti nell'accezione positiva del termine, più che emergenti bravi a portare la divisa sociale. Qualcuno del genere è sulla piazza, ma costa carissimo.
La squalifica di Amadou Diawara per l'esultanza mimando le movenze di un gorilla, dopo gli ululati dei tifosi del Genoa, si presta a varie considerazioni. La prima, secondo noi la più importante, è che un limite della cultura italiana non soltanto sportiva è quello di mettere la reazione sullo stesso piano della provocazione, spesso anche dandole un valore maggiore. Se davvero i tifosi avversari avessero indirizzato a al centrocampista del Bologna cori razzisti, questi avrebbe fatto non bene ma benissimo a rispondere a tono, oltretutto in maniera ironica e non volgare. Un vero uomo deve prendere e portare a casa qualsiasi tipo di insulto? Il punto della questione è che questi cori sembra non siano stati fatti, stando a lettori (neutrali) del Guerino presenti a Marassi, ai giornalisti da noi interpellati e anche al rapporto ufficiale degli ispettori della FIGC, a integrazione di quello arbitrale: nessun coro e nessun ululato razzista, ma ordinari (non degni di lode, ma normali) insulti rivolti ai giocatori avversari di tutte le razze. E quindi? Il cliente non ha sempre ragione, anzi, ma in questo caso era un cliente non peggiore di tanti altri.
Twitter @StefanoOlivari