Da questo sabato inizia una nuova serie, dedicata ai giocatori simbolo delle squadre di provincia. Giocatori lontani dal triangolo Milano-Torino-Roma. Biografie di piccoli grandi eroi del pallone. Cominciamo con l'idolo di Catanzaro, Massimo Palanca.
Non poteva passare inosservato. E d’altronde, virtù pedatorie a parte, con quei tratti distintivi era impossibile. Massimo Palanca nasce a Loreto (Ancona) il 21 agosto 1953. Si forma nella Recanatese, club militante nei tornei regionali marchigiani. Debutta tra i dilettanti con il Camerino a 18 anni, nel campionato Promozione 1971-72, e va subito in doppia cifra nelle sue due prime stagioni: attira l’attenzione di molti club di categoria superiore e viene acquistato dal Frosinone in Serie C. La sua ascesa continua, con altre 18 reti nel Girone C concluso a centro classifica. Nell’estate 1974 si materializza il trasferimento che consentirà a Palanca, con il passare del tempo, di raggiungere la fama. Eccolo al Catanzaro, compagine calabrese che aveva fugacemente assaggiato la Serie A nel 1971-72, retrocedendo dopo appena una stagione, e che l'avrebbe affrontata con costanza negli anni a venire. Quelli di Palanca, appunto. Con 11 gol contribuisce alla prima promozione del 1976, condendo l’esordio nel massimo torneo con altre cinque segnature. Non bastano ad evitare il ritorno in B, prontamente annullato dal suo record realizzativo (diciotto) che trascina nuovamente i giallorossi al primo piano. Il torneo 1978-79 è quello della consacrazione, grazie alla storica tripletta all’Olimpico contro la Roma, ricordata anche per un gol dalla bandierina: una qualità, questa della rete diretta da corner (tredici in tutta la carriera), che cementa la sua popolarità. Piccolino, agile, leggero, dotato di un piede minuto – numero 37 – e di un paio di baffoni neri, Palanca resta nell’immaginario degli appassionati tra i personaggi più caratteristici del calcio italiano di provincia. Lascia Catanzaro nel 1981, all’indomani del secondo posto nella classifica cannonieri dietro al solo Pruzzo, immolandosi al calciomercato. Una partenza deleteria, soprattutto per la sua carriera. Lontano dalla maglia giallorossa si smarrisce: al Napoli è un mezzo falllimento, una parentesi al Como non si rivela migliore. Precipita in C2 al Foligno, quando ormai ha superato i 30 anni ed il treno per il grande calcio è ormai transitato. Ritorna al Catanzaro nel 1986, rispolvera il suo magico sinistro e sfiora l’ultima impresa con la promozione in A mancata per un punto nel 1988. Si ritira nel 1990, con oltre 200 reti segnate in gare ufficiali. Ritornato a Camerino, dove iniziò la sua avventura, gestisce tuttora un’attività commerciale.
Fabio Ornano