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George Best in America

Redazione

26 novembre 2014

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Sono passati nove anni dalla sua scomparsa per i danni fatti al suo fisico da quasi 50 anni di alcool. Ma il nome di George best rimane immortale nelle menti degli appassionati di calcio e degli almanacchi. Il problema è che quando si scrive di lui il tono è sempre quello del "talento incredibile ma sprecato". Tanto più ciò accade quando si parla della sua esperienza nella NASL, la vecchia North American Soccer League, che a cavallo tra anni '70 e '80 riunì alcuni dei nomi più famosi del calcio mondiale, per quanto molti negli ultimi anni della propria carriera, e spesso dipinti come mercenari (come se gli altri non lo fossero) in cerca di un ultimo assegno. Ma così non fu per Best. Quando George Best sbarcò in America aveva già vinto tutto a livello di club. Meno fortunato fu ovviamente con la Nazionale dell'Irlanda del Nord, che era come se il Brasile avesse avuto Pelé e nessun altro intorno. Al momento del trasferimento, nel 1975, il Manchester United era in testa alla classifica della Second Division, e certo il giocatore - anzi, l'uomo - aveva già molti problemi, ammessi da lui stesso. Perché la North American Soccer League?  Non è un segreto che dopo aver cercato per anni di persuadere Pelé a giocare in America, dopo l'arrivo del brasiliano l'obiettivo era diventato Best. Anzi, lo era già da tempo. Racconta George Best nella sua autobiografia, “The Best”: «... O’Farrell [Frank O’Farrell, allenatore del Manchester United dal 1971/72 al 1973/74, ndr] si rivolse al consiglio di amministrazione... mi avrebbero messo a disposizione per un trasferimento per 300.000 sterline... L’offerta più interessante arrivò da Clive Toye, direttore generale del New York Cosmos, la squadra che aveva vinto la North American Soccer League. La NASL stava iniziando proprio allora ad ingrandirsi e, spalleggiate da alcuni pezzi grossi dell’industria, le squadre cominciavano a spendere un sacco di soldi per acquistare calciatori famosi provenienti da tutto il mondo. La cosa mi attraeva anche perché mi sembrava un taglio netto con il passato. Se fossi entrato in un’altra squadra inglese mi sarei ritrovato in mezzo al solito vecchio circo, ai soliti vecchi problemi. Andare in America avrebbe invece voluto dire ricominciare da capo, trovarmi in un posto dove potevo andarmene in giro senza che nessuno mi riconoscesse. Ricominciai a pensare che i miei problemi avrebbero potuto svanire se avessi cambiato aria. Il Cosmos era di proprietà della Warner Communication e uno dei loro dirigenti di punta, Gordon Bradley, mi invitò a fare un salto da lui per dare un occhiata. Così scesi al Wessex House Hotel, davanti a Central Park, e vi rimasi per quasi una settimana mentre quelli del Cosmos mi scarrozzavano in giro e mi spiegavano i loro piani. Era tutto fatto in grande e la cifra che erano pronti a scucire per me era più che accettabile. Ma volevano che prestassi la mia immagine a molte campagne pubblicitarie e, come era ragionevole aspettarsi, che mi trasferissi a New York in pianta stabile. La cosa non mi andava. New York è una città fantastica, adoro immergermi per qualche giorno nella sua follia. Ma l’idea di andarci a vivere non mi attraeva granché...». C’erano però anche problemi legati ai soci in affari di Best in Gran Bretagna. E infatti George Best non indosserà mai la maglia dei Cosmos. E così, come poi accadde anche per Johann Cruyff, Best finì a Los Angeles. La North American Soccer League all'epoca stava avendo grosse difficoltà a lanciare il calcio a LA. Il primo club fu in realta quello dei Wolverhampton Wanderers, "travestiti" da LA Wolves nella lega United Soccer Association, che ebbe vita breve. La USA si era modellata sulla International Soccer League di Bill Cox, un torneo estivo (50 anni prima di quelli attuali) che vedeva team europei e sudamericani giocare nelle varie città diventando un team "locale": ad esempio il Cagliari si trasformò in Chicago Mustangs. Un esperimento che ebbe successo in gran parte delle città, ma che non fu abbastanza per lanciare quello sporto "europeo" a Los Angeles. A seguito della fusione tra USA e NPSL che diede vita alla North American Soccer League nel  1968, LA vide per un altro anno giocare gli LA Wolves, senza però i giocatori del Wolverhampton, e chiaramente il livello scese di molto. A fine stagione il club chiuse, lasciando la città degli angeli senza calcio per cinque anni. Avendo la necessità di essere presente sulla West Coast, la NASL lanciò i Los Angeles Aztecs nel 1974, insieme ad altri quattro club che si affacciavano sul Pacifico. E gli Aztecs iniziarono alla grande, vincendo subito il titolo NASL sotto la guida dell'italo-americano Alex Perolli, bravo a gestire un "team poliglotta" fatto di giocatori provenienti da Argentina, Brasile, Messico, Trinidad, Uruguay e ovviamente Stati Uniti. Best arrivò due anni dopo, convincendo gli Aztecs ad ingaggiare anche il suo amico Bobby McAlinden, cresciuto nelle giovanili del Manchester City e con alle spalle una carriera nelle divisioni minori. Entrambi iniziarono bene a LA, con il campionato che presentava un livello di qualità abbastanza elevato da soddisfare Best, specialmente quando c'erano i grandi match contro club come NY Cosmos o Ft. lauderdal Strikers. Ma giocare davanti a poche migliaia di persone non era il massimo, e solo la presenza di Pelé era capace di attirare il grande pubblico negli stadi amerciani. Ciò però non impedì a Best di segnare 15 gol in 26 partite, e di essere inserito nel NASL All-Star Team nel 1976 e 77, con menzione anche nel 1978. Il trasferimento dal piccolo impianto di El camino College all'enorme LA Coliseum, insieme all'ingaggio di alcuni giocatori messicani, non servì molto in termini di presenze allo stadio. Nella sua biografia Best ha ricordato come il club si allenasse all'Hollywood Racetrack e come i suoi fantasmi fossero tornati a perseguitarlo. Ma anche da alcolizzato, Best rimaneva un profesiionista ai massimi livelli, e pretendeva lo stesso dal club in cui giocava. Stufo della mancanza di progressi - in campo e fuori - da parte degli Aztecs, Best si trasferì a Ft. Lauderdale, in Florida, trovando almeno un pubblico ben più ampio ad apprezzarne le gesta. Aveva ragione. La confusione infatti regnava sovrana a LA, dove furono ingaggiato in panchina il guru del calcio totale, Rinus Michels, e in campo "il profeta del gol". la leggenda Johann Cruyff. In sintesi la squadra cambiò lo stile da inglese, a messicano a olandese in soli tre anni. E le cose non migliorarono mai. A quel punto della sua carriera Best aveva deciso di mollare del tutto il calcio britannico, dopo aver giocato per brevi periodi col Fulham nel 1976/77 e parte della stagione 1978 con gli scozzesi dell'Hiberian. Volato sulla costa atlantica, Besta aveva ormai adottato gli USA e la NASL come casa propria, impegnandosi più i quanto ci si potesse aspettare e mettendo a disposzione la sua esperienza, come quando consigliò al suo allenatore di evitare di sostituire i migliori Strikers per preparare al meglio gli shootout (che venivano usati al posto dei rigori, e certamente pù spettacolari)! Negli anni al Lockhart Stadium Best mise in mostra tutte le sue staorrdinarie qualità, capaci sempre di rivoltare uina partita contro chiunque, e anche una notevole dose di professionalità, ben superiore a quella di altre star europee sulla soglia della pensione. Non abbastanza purtroppo da trascinare i Ft. Lauderdale Strikers sino alla vittoria del Soccer Bowl, anche perché si trovarono davanti gli imbattibili Cosmos, con Giorgio Chinaglia che segnava a raffica, e Franz Beckenbauer e Carlos Alberto a orchestrare il gioco da dietro. Ma Best continuò a giocare alla grande, nonostante qualche pausa, anche se la stampa britannica - come fece poi, erroneamente, anche con David Beckham ai Galaxy - liquidò la sua esperienza come una sorta di vacanza ben pagata con un po' di calcio estivo. Ma Best della stampa britannica se ne fregava, mentre invece alla NASL teneva molto. Ma nel luglio 1979 arrivò la rottura con gli Strikers dopo un 3-0 contro i Cosmos Giants Stadium, in cui il nordirlandese accusò allenatore e compagni di mancanza di voglia di vincere. Pochi giorni dopo arrivò la risoluzione consensuale del contratto. Sunset Boulevard Best andò in America all'inizio del boom del soccer, e per lui come per gli altri l'obiettivo era quello di affrontare i primi "galacticos" della storia, i New York Cosmos. Ma nonostante alcune grandi partite, sprazzi della sua classe infinita ed anche una competizione di livello, per la stampa di casa sua la NASL rimaneva ridicola.Ma la questione la spiegò bene Clive Toye, ex giornalista del Daily Express prima di passare una decade da dirigente dei Cosmos e dei Toronto Blizzard 8dove portò Roberto Bettega nel 1983): “I media britannici sono stati completamente ciechi a tutto ciò che era relativo al calcio del resto del mondo, sino a che con l'inizio dell'enorme invasione di giocatori stranieri hanno realizzato che c'è qualcos'altro al mondo. Di conseguenza, se già il resto del mondo esisteva solo in astratto, come potevano non considerare il calcio USA spazzatura?". Best però se ne fregava, continuando a pensare solo al campo. L'interesse di media e giocatori per la NASL toccò il picco nella seconda metà degli anni '70, ma a cavallo della decade le cose iniziarono a cambiare. Best decise di firmare per un altro anno ancora, tornando sulla West Coast, stavolta per indossare la maglia dei San Jose Earthquakes. Ma la NASL non era giù più la stessa degli anni di Pelé: i Cosmos avevano alzato troppo la barra, e gli altri non ce la facevano a reggere il passo di una multinazionale come la Warner. Ma poi la stessa Warner andò in crisi, a causa del flop miliardario del gioco ET della Atari, e il club fu "regalato" a Chinaglia, che ne celebrò la fine di lì a poco, con la lega che chiuse definitivamente i battenti nel 1984, incapace di strutturarsi in maniera stabile. Best nel frattempo firmò un biennale coi Quakes, estendendo l'originale contratto di un anno, accentando di giocare persino nel campionato indoor che si teneva in inverno. Ma la qualità della lega stava calando, e anche Best era ormai in netto calo fisico, al punto da rinunciare nel 1982 alla convocazione per i Mondiali 1982. Best giocò la sua ultima partita il 19 agosto 1981. Prima dell'inizio della stagione 1982 la NASL perse sei team, inclusi gli LA Aztecs, scendendo dai 24 club del periodo 1978-1980 a 14. Poi il crollo in soli due anni. Nella sua biografia “Blessed,” Best ha descritto bene il crollo della NASL. “Divenne sempre più un 'calcio della domenica', e tutto iniziò a disintegrarsi, passando da quella che era una lega di buon livello ad un campionato quasi dilettantesco". E ci sarebbero voluti oltre dieci anni per rivedere il calcio professionistico negli USA, con la nascita nel 1996 della Major League Soccer. A perenne eredità del suo passaggio in America, oltre ad alcune immagini fantastiche che lo vedono a fianco di gente quale Elton John e Pelé, George Best lascò uno dei gol più belli della storia, paragonabile solo con quello di Diego Maradona all'Inghilterra, segnato quando giocava nei Quakes, il 22 luglio 1981 allo Spartan Stadium, proprio contro i suoi ex Strikers. Le immagini dicono tutto: 'Simply the Best'. http://www.youtube.com/watch?v=o8wGN5uDaVg

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