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Un Berlusconi per salvare Capello

Redazione

12.11.2014 ( Aggiornata il 12.11.2014 12:17 )

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Se la serie A fosse quella di qualche anno fa, Fabio Capello avrebbe già salutato l'inadempiente federazione russa e riportato in Italia (o almeno nell'amata Marbella, se non proprio a South Beach come LeBron James) i suoi talenti e i suoi collaboratori. Stando a conoscitori del mondo capelliano, la vicenda non può essere ridotta a una volgare questione di soldi, anche se è vero che da dopo il Mondiale il 68enne allenatore non ha più visto un rublo e i contratti per Panucci e Neri non si sono materializzati. La sensazione è che i consiglieri sportivi di Putin, attentissimo al lato simbolico del calcio ma poco appassionato alle vicende del campo, ritengano Capello bollito e che non vogliano rimanere legati a lui fino al Mondiale organizzato in casa nel 2018. Starebbero così attuando, scavalcando anche la stessa loro federazione, una sorta di supermobbing per arrivare a una transazione non troppo onerosa. Intanto Capello prosegue come se nulla fosse e sabato guiderà la nazionale russa contro l'Austria nelle qualificazioni a Euro 2016, mentre un dirigente federale, Sergey Stepashin, ha rilasciato una dichiarazione di culto: "Purtroppo quando è stato firmato il contratto si doveva pensare a dove prendere il denaro per pagare".  Uno di quei casi in cui una telefonata di Berlusconi potrebbe aiutare. Non per mettere Capello al posto di Inzaghi, cosa che peraltro il Berlusconi anche solo di 5 anni fa avrebbe già fatto. Il calcio inizia a fare i conti con la psicosi Ebola, che in parte dell'Africa non è una psicosi ma un virus che conduce a una malattia spesso mortale. Di questa parte di Africa non fa (ancora) parte il Marocco, che ha rinunciato all'organizzazione della Coppa d'Africa prevista per il prossimo gennaio. Non è un problema di calciatori (il virus si trasmette soltanto attraverso sangue e fluidi corporei), ma evidentemente di masse di tifosi senza controllo che si sposterebbero in Marocco con tutti i rischi del caso. Insomma, dalla nostra redazione ben protetta parliamo di psicosi, ma il rischio di avere la malattia in casa porta ad altre considerazioni. La CAF, cioè la UEFA africana, ha preso tutto malissimo: non il problema Ebola, che invece dovrebbe preoccuparla, ma la rinuncia del Marocco, che così è stato estromesso dalla competizione (gioiscono tutti i club con i suoi nazionali in squadra, dal Bayern di Benatia in giù) in attesa di altre sanzioni nei confronti della federazione marocchina. Non è un dettaglio che il Marocco non abbia ancora rinunciato, né al momento sembra intenzionato a farlo, al Mondiale per club (roba FIFA) del prossimo mese. Una storia che mescola sport e diversi piani di razzismo (quello fra alcune etnie africane è degno del Ku Klux Klan), oltre che la salute delle popolazioni mediterranee dell'Africa e quindi egoisticamente la nostra. L'ultima tendenza della serie A è quella della scomparsa dell'esonero. Scomparsa o quasi, come ben sa Eugenio Corini che il Chievo ha salutato per Maran. Tendenza chiara, comunque. Non perché manchino panchine in bilico, da Mazzarri a Donadoni, o perché tutte le società si siano improvvisamente messe in testa di avere il mitico 'progetto alla Ferguson'. La realtà è che, come è evidente da mesi, molti club sono in vendita o in ristrutturazione e quindi nessuno prende decisioni che spetterebbero ai presunti nuovi proprietari (vedere l'indebitato Parma di Ghirardi, ma non solo). Inoltre molte rose sono state ridimensionate, con la consapevolezza che una onesta permanenza in serie A è imprenditorialmente più logica dell'inseguire sogni da Champions. Infine proprio il discorso Champions: se Juventus, Roma e Napoli sembrano (perché lo sono) strutturalmente superiori al resto del gruppo, perché affannarsi? L'incasso di un'intera Europa League vinta sarebbe inferiore al lordo dell'ingaggio di Mazzarri. Ecco da dove nascono i Ferguson italiani, per il dispiacere dell'Associazione Allenatori: dopo decenni passati a tromboneggiare contro la 'troppa fretta' dei club, adesso la consapevolezza che anche nel calcio i disoccupati tendono a rimanere disoccupati. Twitter @StefanoOlivari

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