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Redazione

24.09.2014 ( Aggiornata il 24.09.2014 11:01 )

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La posizione di Claudio Lotito nel calcio italiano di oggi dice tutto sul calcio italiano di oggi, ma la stagione sportiva ormai entrata nel vivo ha tolto dal dibattito pubblico uno dei pochi temi interessanti del duello Tavecchio-Albertini: multiproprietà, come vogliono i lotitiani e la maggior parte dei club, o squadre B come vogliono i calciatori? Roba ormai da assemblee di Lega, con trafiletti quasi invisibili nonostante l'importanza della materia. Nel primo caso la convenienza dei club è evidente: con una partecipazione del costo di una mediocre riserva ci si assicura il controllo di una squadra anche di serie B (con le leggi attuali non è possibile, ricordiamo, a meno di deroghe specifiche), utile sia per far maturare i giovani che per triangolazioni finanziarie di ogni tipo. Il secondo scenario, quello per così dire 'spagnolo' (il paragone con l'Inghilterra è invece improprio, perché lì le squadre B sono delle Under 21: in pratica l'equivalente delle nostre Primavera di una volta, quelle con i fuoriquota), è nel cuore dei calciatori perché consentirebbe a un numero enorme di elementi di restare agganciati alla casa madre e ai suoi standard contrattuali. Non occorre essere un insider, basta una telefonata a un peone della Lega di quelli che ci devono una citazione (unica nostra merce di scambio per avere qualcosa più dell'Ansa), per capire che si sta andando verso una liberalizzazione della multiproprietà: Lotito oltre alla Lazio controlla anche la Salernitana grazie a una deroga, ma molti suoi colleghi stanno aspettando il via libera per operare senza espedienti. Invece di prendere spunto dai modelli vincenti,. come i tanti dibattiti ispirati dal gol di Godin hanno fatto scrivere, ce ne inventiamo quindi uno strampalato. Da nessuna parte, nell'Europa che conta, a uno stesso soggetto possono fare capo più società calcistiche di una stessa nazione. Di più: la UEFA impedisce la multiproprietà di squadre di paesi diversi, quando queste squadre partecipano alle coppe europee. Certo, Pozzo non rischia che Granada e Watford conquistino il palcoscenico europeo, ma nel calcio non si sa mai. Poi è chiaro che tutto puà essere aggirato con sponsorizzazioni farlocche e interventi di terzi che tengono in caldo un club non appena il vero proprietario avrà voglia di metterci la faccia (in serie A c'è un caso clamoroso ed un altro evidente, che i lettori più avvertiti hanno già capito), ma qui stiamo parlando di regolamenti. E quindi? Speriamo soltanto che si metta il paletto a club di serie diverse, se no davvero quelli per il wrestling sarebbero soldi meglio spesi. Twitter @StefanoOlivari

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