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Stelle Comete - Adriano

Redazione

29 agosto 2014

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Quando iniziai questa rubrica, ormai diversi mesi fa, avevo in mente una sorta di “target” di giocatore a cui dedicare un articolo, in qualche modo commemorativo, o significativo del suo percorso, da “stella cometa” appunto! Mi sarebbe piaciuto chiudere “col botto” e, quasi inconsapevolmente, mi rendo conto che il giocatore in questione è stata forse la più grande illusione degli ultimi 20 anni. Mai agli albori del fenomeno in questione (perché in questi termini di lui si parlava e si scriveva agli esordi e oltre), avrei immaginato che proprio con l’ex Imperatore Adriano avrei lanciato dei veri fuochi d’artificio in questo senso, altro che botti. E’ vero, da sempre il Brasile sforna campioni veri e campioni presunti, come pure abbiamo riscontrato tante volte in che modo alcuni talenti precoci alla prova col professionismo si perdano (senza andare troppo a ritroso nel tempo, pensiamo alle carriere sotto le aspettative di gente come il dribblomane Denilson o il giocoliere Robinho, ma pure l’ex juventino Diego, quando furoreggiava al Santos, proprio in coppia con l’ex rossonero, pareva un predestinato). Ma il caso di Adriano Leite Ribeiro è proprio a parte, perché qui per un (seppur breve) lasso di tempo, si è trattato di uno dei migliori centravanti del mondo. Ritrovarlo svincolato a 32 anni, ma di fatto è come se lo fosse da molto più tempo, viste le non certo entusiasmanti ultime prove sul campo, ti dà un senso di sconfitta, di scoraggiamento, perché mai come stavolta motivi extracalcistici hanno influito sulla sua carriera, sul suo rendimento. Campioni celebrati come Best, tanto per citare uno dei più grandi, o l’immenso Garrincha, non erano certo dei stinchi di santo, e nemmeno professionisti esemplari ma mai abbiamo assistito, finchè hanno giocato, a così loro rovinose cadute. L’alcool ma non solo ha influito negativamente nel caso dell’Imperatore: le cattive frequentazioni fuori dal campo sicuramente, un background difficile sin dall’infanzia, in un ambiente borderline, ma anche alla prova del campo i tanti infortuni, le lente riprese, la condizione fisica approssimativa (eufemismo), la scarsa voglia di riprendersi l’antico scettro, la motivazione latitante, forse anche la sensazione precoce di appagamento, visto che a poco più di 25 anni sembrava già “vecchio” in quanto i suoi esordi appartenevano a un’altra era calcistica, agli albori del 2000, quando appena diciottenne siglava gol a caterve col suo Flamengo, rimasta a tutt’oggi la sua squadra del cuore. Quando poi per te si scatenano delle aste, sei il centravanti e uomo simbolo di un fantastico Brasile Under 17 che si aggiudica il Mondiale di categoria e ti concedi il lusso di incantare al primo istante con la tua nuova maglia dell’Inter, siglando con un bolide su punizione un gol pazzesco contro il Real Madrid, allora si pensa davvero tu sia una stella destinata a risplendere a lungo. Ottime esperienze formative in Italia tra Fiorentina e Parma, dove si trova a comporre in attacco un duo da urlo con Mutu, il ritorno da big assoluto all’Inter e la difficile convivenza con tanti partner d’attacco, specie con il campione di allora Bobo Vieri, anch’egli poderoso centravanti mancino. Segnerà molto con i nerazzurri Adriano, vincendo pure, ma incomprensioni col tecnico Mancini, infortuni perduranti e le prime cattive avvisaglie di una vita non propriamente all’altezza di un professionista in una Milano che, si sa, di tentazioni extracalcistiche ne può saper offrire molte, finiranno col metterlo ai margini del progetto, così da rientrare in due occasioni (intervallate da un nuovo ritorno all’Inter da panchinaro quasi emarginato) in Brasile, prima al San Paolo, poi all’amato Flamengo. Due tentativi atti a rivitalizzarlo, almeno in vista di un’ipotetica nuova conferma nel giro della Nazionale verdeoro. Chiuderà invece proprio nel 2010 la sua avventura con il Brasile, con uno score tutto sommato rispettabile (27 reti in 48 presenze) ma senza mai divenire il vero faro della squadra, il trascinatore. Le esperienze in patria serviranno per rimettere apparentemente in careggiata la sua carriera (tra San Paolo e Flamengo segnerà una trentina di gol nel Brasileirao) ma purtroppo saranno ricordate soprattutto per la cattiva condotta, le tante segnalazioni sul suo conto, le “bravate” (usiamo volutamente le virgolette, perché questo è un eufemismo vero e proprio) che puntualmente rimbalzavano di qua dell’Oceano, fino a fargli perdere qualsiasi forma di credibilità presso club italiani ed europei. Una deriva ampiamente confermata nella brevissima esperienza alla Roma (5 tristissime presenze senza reti, proprio nella città che gli “deve” il soprannome). In pratica dal 2011 le voci su un suo prematuro ritiro cominciano a diffondersi a macchia d’olio, accentuate da condizioni psico-fisiche precarie, dovute principalmente all’alcool ma si vocifera anche alla depressione. Parentesi al Corinthians nel 2011, con nuove identiche promesse di redenzione da parte sua non confermate alla realtà dei fatti: a un nuovo grave infortunio, si sommano la sua mancanza di disciplina, la partecipazione a pericolose feste e il ritorno sui campi dopo 8 mesi di stop in forma non propriamente smagliante (aveva superato il quintale di peso!). I suoi tormenti lo portano a pensare seriamente al ritiro dopo questa disgraziata stagione, invece poi vorrà rimettersi in gioco nuovamente. Sarà ancora il Flamengo, per la terza volta nella sua carriera ad accoglierlo, come un figliol prodigo, ma poi lo stesso giocatore deciderà di risolvere il contratto annuale, non ritenendosi più pronto a giocare. Passeranno altri due anni di inattività, quando clamorosamente Adriano dichiarerà di volerci riprovare col calcio giocato ad alti livelli. Il suo nome ormai è sbiaditissimo, così come la sua forma fisica non si può certo definire eccellente ma l’Atletico Paranaense decide comunque di tesserarlo, con un singolare contratto “a rendimento”. Nonostante un gol alla sua seconda apparizione con la nuova maglia, Adriano non perde il vizio di stupire in modo negativo. Salta senza preavviso due allenamenti, viene avvistato in un locale notturno, quasi a “festeggiare” l’eliminazione della sua nuova squadra dalla Coppa Nazionale. Dopo questi ennesimi incresciosi fatti, anche l’Atletico gli darà il ben servito, strappando il contratto che lo legava al club. Nonostante ci siano state voci incessanti su un suo possibile rientro in Italia, la sua seconda patria, al momento di lui non si sa nulla, e diamo per buona la notizia relativa al suo definitivo ritiro dalle scene pallonare. Certo, lo ammetto, ero anch’io tra i curiosi di vederlo con addosso la maglia del Terracina. Magari, a contatto con una genuina realtà dilettantistica, avrebbe ripreso il gusto di giocare. Ma mi sa che l’ex campione dovrebbe prima di tutto ritrovare il gusto per la propria vita e un po’ di amor proprio. (a cura di Gianni Gardon)

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