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Redazione

29.07.2014 ( Aggiornata il 29.07.2014 10:46 )

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La compilazione dei calendari della prossima serie A, ufficializzata con la pagliacciata del computer negli studi di Sky, è stata fatta in modo abbastanza intelligente e al netto di alcune sfide nelle prime giornate (Roma-Fiorentina alla prima, Milan-Juventus alla terza) nessuna delle grandi lamentose con potenziale mediatico può parlare di inizio terribile. Considerazione che quest'anno vale molto, perché in molti si illudono di avere a tiro la Juventus anche se solo la Roma ha effettuato acquisti per spostare davvero i valori (Iturbe, Astori, Cole su tutti), quindi evitare un agosto di vittimismi preventivi è stata una buona scelta. Il problema è un altro, come si diceva nei dibattiti degli anni Settanta. Il problema è che dopo il disfattismo da eliminazione mondiale, il modello Bundesliga e tutti i nostri temini estivi, la situazione politica sembra impedire qualsiasi progetto concreto per un ritorno alle 18 squadre: a parole auspicato da tutti, addirittura da Beretta oltre che da entrambi i candidati alla presidenza FIGC, ma nei fatti slittato ottimisticamente alla stagione 2016-17. Quando saranno diventati 12 gli anni a 20 squadre, da quel 2004 in cui non un grande progetto (non sia mai) ma il folle caso Catania scombussolò la serie B e portò la A alle dimensioni elefantiache rimaste fino ai giorni nostri. La situazione è ancora più chiara in una stagione come la prossima, con la A che terminerà il 31 maggio durando quindi 9 mesi esatti. Un parto doloroso, con 4 turni infrasettimanali che il format a 18 squadre avrebbe reso inutile. Non stiamo dicendo che 4 partite in meno regalerebbero a Conte (o a chi per lui) campioni che riporteranno l'Italia in alto, ma solo che ci darebbero un campionato più credibile nelle sue ultime giornate. Certo, le televisioni che tengono a galla il sistema calcio (non per bontà, ma perché il sistema calcio tiene a galla loro) hanno un'altra opinione ed entrambi i partiti lo sanno benissimo. Twitter @StefanoOlivari

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