Francesco Dell’Anno, coetaneo di Roberto Baggio, anch’egli fantasista. Le analogie col Divin Codino terminano qui, ma è innegabile come agli esordi, nel lontano 1984, anche del talento avellinese si dicessero meraviglie. Stella conclamata delle giovanili della Lazio, classico numero 10 tutto estro e fantasia, in un calcio dove spesso quello del trequartista era un ruolo chiave, il giovane Dell’Anno ha appena 17 anni quando il navigato tecnico Lorenzo decide di mandarlo nella mischia, facendolo esordire in serie A a stagione ormai quasi già compromessa. Sarà proprio lui, originario di Baiano, una delle poche luci da salvare del campionato laziale, in quella che per molti doveva rappresentare solamente la prima di una lunga serie di preziose prestazioni. Sin da subito però, accanto a indiscutibili doti tecniche che lo facevano eccellere con i pari età, emergono in lui anche pecche caratteriali che non contribuiranno certo a farlo crescere come calciatore. Intemperanze con compagni più esperti, esuberanza giovanile che si traduce in atteggiamenti discutibili come guidare fuoriserie (ancor prima di prendere la patente…). Insomma, non un angioletto ma purtroppo, oltre a ciò, quello che più conta è che a promettenti prime partite da professionisti non siano giunte conferme nella stagione successiva cadetta, che poteva sancirne definitivamente l’ascesa. Inizia così un peregrinare lungo la serie B, dove curiosamente si incrocia in più di un’occasione con un altro ex enfant prodige del calcio italiano, sempre Roma (sponda giallorossa però), Sandro Tovalieri. Non sono memorabili le sue esperienze ad Arezzo e Taranto quando all’orizzonte compare l’Udinese, all’epoca impelagata in serie B, senza troppi sussulti. Dell’Anno va per i 25 e sinora il suo cammino è stato al più altalenante, con pochi veri picchi e annate che si sono dispiegate in modo anonimo. In Friuli però qualcosa cambia: Francesco comincia a prendere per mano la squadra, arretra un po’ il raggio d’azione, dedicandosi sempre più alla costruzione del gioco. Non un vero regista ma le azioni più significative partono sempre dai suoi piedi. Sembra rinato, in campo sciorina prestazioni maiuscole, consentendo in poco tempo all’Udinese di tornare nell’elite del calcio italiano, dove sarà destinata a rimanerci a tempo indeterminato, visto che da allora non è più retrocessa. Quel che più stupisce (ma fino a un certo punto)è che nella massima serie, riassaporata dopo 8 anni, Dell’Anno sembra essere un veterano della categoria. Sempre più leader in campo, sicuro di sé, punto di riferimento per i compagni, che guida letteralmente, costruendo azioni su azioni. Finalmente a 26 anni è pienamente ritrovato in tutto il suo fulgido talento, in serie A onestamente non si intravedono, a parte i giocatori già noti nel giro della Nazionale, centrocampisti così completi, tecnici e risolutivi. Scontato a quel punto che una grande bussi alla sua porta, nella fattispecie l’Inter, che nutre grandi ambizioni. In una sessione di mercato quasi epica che porterà in nerazzurro tra gli altri le due stelle dell’Ajax, Jonk e soprattutto l’astro nascente del calcio mondiale Bergkamp, Dell’Anno completa l’anno seguente il mosaico, assurgendo anch’egli a conclamato colpo di mercato, riconosciuto da tutti gli addetti ai lavori che ormai, più che una scommessa, lo considerano una certezza. Tuttavia, da qui in poi per lui torneranno ad alternarsi le prestazioni. L’Inter addirittura arriverà a sfiorare la retrocessione e lui, invischiato in un equivoco tattico (verrà schierato spesso come improbabile ala sinistra) non darà un grande apporto in termini qualitativi. Nelle stagioni nerazzurre a seguire non diverrà mai punto fermo, al punto da ridimensionarsi nuovamente in provincia, concludendo piuttosto mestamente la carriera da condottiero a Terni, dopo essersi tolto le ultime soddisfazioni vere in un ottimo quadriennio a Ravenna.
(a cura di Gianni Gardon)