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Stelle comete – Joseph Dayo Oshadogan

Redazione

5 giugno 2014

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Fu una breve parabola, anche se in alcuni momenti piuttosto luccicante quella del difensore centrale Joseph Dayo Oshadogan, classe ’76,  nativo di Genova ma pisano d’adozione, città nella quale trascorse la sua infanzia, bruciando le tappe in ambito calcistico, eccellendo per le sue doti fisiche. Il padre è nigeriano e la madre italianissima, lui cresce in terra italica, ed è normale che venga adocchiato dalle nazionali giovanili, specie dopo il passaggio al più quotato Foggia, in serie A nel 1994/’95 quando lui è appena diciottenne. L’esordio folgorante avviene nella stagione successiva, quando il giovane Joseph già si erge a perno centrale, spiccando per velocità e senso dell’anticipo sugli attaccanti avversari. Inoltre è un giocatore estremamente corretto che cerca poco lo scontro fisico: un difensore moderno. I tempi sono maturi per un esordio con la maglia dell’Under 21, allora allenata dal pluri vincitore Cesare Maldini. Subito titolare contro la Moldavia, Oshadogan entra nella storia del calcio italiano per essere il primo calciatore di colore a indossare la maglia della nostra Nazionale. A distanza di quasi 20 anni i tempi sono maturati anche da noi, ed ora – polemiche sterili a parte – è per fortuna scontato vedere ragazzi italiani al 100% indossare e difendere i nostri colori (basti pensare a Balotelli, su cui saranno riposte molte delle nostre speranze mondiali in vista di Brasile 2014). A parte il famoso bresciano del Milan, dopo Oshadogan vestirono la maglia azzurra anche altre giovani promesse come Okaka, Dumitru, Ogbonna, fino al recente Mondiale Under 17 dove uno dei migliori, a proteggere il talento Scuffet, è stato il centrale difensivo della Roma, Elio Capradossi, di origini ugandesi, fortissimo tecnicamente e da molti indicato (come il compagno di reparto Romagnoli, giù protagonista quest’anno con Garcia) come uno dei futuri campioncini made in Roma su cui costruire il futuro della prima squadra. Tornando a Oshadogan, alla fine riuscirà a collezionare 3 gettoni di presenza in Under 21, uscendo presto dal giro azzurro per tornare a lottare, è il caso di dirlo, vista la difficile situazione in classifica, col Foggia. Sono anni bui per la compagine pugliese, dopo i recenti fasti di Zemanlandia, ma lui è comunque uno dei migliori, riuscendo a imporsi da titolare e siglando pure una decina di reti (certamente non poche per un difensore puro) in quattro anni, periodo in cui però la squadra andrà a rifinirsi addirittura in serie C. Per lui però si sentono le sirene della Reggina, squadra in grande ascesa sul finire del secolo, pronta a scommettere su questo talento di appena 23 anni ma con già grande esperienza acquisita sul campo. In realtà poco prima aveva cullato un sogno chiamato Roma, pronta a ingaggiarlo, ma il tutto durò poco, anche se con la squadra calabrese riuscirà comunque a esordire in una storica stagione in serie A, pur senza conquistarsi i galloni da titolare. Nel 2001 torna in B al Cosenza, una squadra che sembrava ambire a traguardi prestigiosi, e che non lesinò sforzi per ottenere la massima serie. Peccato che problematiche societarie e caos da un punto di vista tecnico, con la panchina dapprima affidata alla bandiera De Rosa, provocarono addirittura un’inopinata retrocessione in C/1, prima della resa, sancita dalla cancellazione da tutti i campionati professionistici. Liberi tutti, quindi, e in quel Cosenza di nomi appetibili ce n’erano eccome. Oshadogan però sceglie una meta particolare, in un momento cruciale della carriera: Il Monaco, non certo quello plurimilionario degli sceicchi, ma pur sempre un club titolato e prestigioso francese. Tuttavia, al di là dell’esperienza “umana” e professionale, da un punto di vista tecnico, ai fini di una ripartenza credibile della sua carriera, la tappa francese, sotto la guida di Deschamps, gli lascia pochi frutti. Solo 4 presenze in 3 anni, e la sensazione che l’italiano fosse davvero fuori posto in una squadra che in quel triennio arrivò persino a contendersi una Champions League, poi persa in finale contro il Porto di un certo Mourinho. Alla soglia dei 30 anni realisticamente Oshadogan decise di rimettersi in gioco, accettando un’altra piazza “calda” e giustamente ambiziosa: la Ternana. Nella squadra umbra non mancano gli elementi di valore, dal cileno Jimenez alla punta Frick, dai talento cresciuti in casa Candreva e Peluso agli esperti Cherubini, Troise, Fattori e Delnevo, dagli attaccanti Corvia e Dionigi al regista cresciuto nel Milan Corrent. Insomma, da molti addetti ai lavori, la Ternana è indicata come una tra le più serie candidate alla promozione in serie A che da queste parti manca ormai da parecchio. Ma anche in questo caso, saranno soprattutto le molte vicissitudini societarie a negare questo legittimo sogno, con la squadra mestamente retrocessa dopo due stagioni in serie C. Joseph in un primo momento sembra accettare di rimanere ma poi inizierà una “battaglia” diplomatica col club, fino alla consensuale rescissione del contratto. Una volta libero da vincoli, tenterà una nuova avventura oltre confine, stavolta meno di prestigio, ma se non altro tornerà protagonista sul campo con i polacchi del Widzew Lodz. Qui ritrova un connazionale, idolo locale, l’attaccante Stefano Napoleoni, che attualmente sta facendo faville in Grecia con l’Atromitos, e gioca con continuità, divenendo anche capitano del club. Dopo due stagioni, quando ormai ha 32 anni rientra in Italia, in una società emergente come il Lanciano, agli albori di quel fortunato ciclo presieduto dalla giovane presidentessa Valentina Maio che vedrà la squadra abruzzese conquistare posizioni sempre più di prestigio nel panorama italiano, fino al recente sfumato obiettivo dei playoff validi per la promozione nella massima serie. Ma questa è l’attualità, e il nome di Joseph Dayo Oshadogan manca dal calcio italiano dal 2010, quando – terminato il contratto biennale che lo legava al Lanciano – è rimasto svincolato. Una carriera molto altalenante la sua, da gitano del pallone, dove le tante promesse giovanili non sono state, alla prova fatale del campo, mantenute, se non in minima parte. Gianni Gardon

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