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Anni 90: Kennet Andersson, l’ariete svedese di Bari e Bologna

Redazione

27.05.2014 ( Aggiornata il 27.05.2014 17:34 )

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In ogni Mondiale c’è sempre qualche sorpresa, ad Usa ’94 indubbiamente il ruolo di squadre -rivelazione fu ricoperto da Svezia e Bulgaria che arrivarono addirittura a contendersi il terzo posto. In realtà gli svedesi furono una piccola conferma, poiché durante gli Europei del 1992 giocati in casa, uscirono in semifinale contro la Germania che venne sconfitta in seguito dalla Danimarca. In entrambe le rassegne, tra gli attaccanti gialloblù, spiccò Kennet Andersson, statuario centravanti e celebre per aver calcato il palcoscenico di Bari e Bologna nella seconda metà degli anni Novanta. Nasce nel 1967 a Eskilstuna, cittadina a 110 km da Stoccolma, e cresce in una famiglia di atleti. La madre ha infatti militato a lungo nella nazionale, i fratelli seguono le orme materne e si cimentano nell’atletica leggera mentre Kennet sceglie il calcio. Inizia nella squadra locale, esplode nell’IFK Goteborg e dopo due stagioni passa al Malines in Belgio, un’esperienza che presto si rivela priva di soddisfazioni. Torna in patria, stavolta all’IFK Norrköping prima di sbarcare in Francia: una stagione al Lilla ed un’altra al Caen, in mezzo però c’è il Mondiale statunitense, un mese che diventerà decisivo per la carriera di Andersson. La Svezia è inserita nel girone del Brasile e passa come seconda proprio dietro ai verde-oro: Kennet si sblocca e trova il gol nella terza gara a Detroit infilando il portiere brasiliano prima del pari di Romario. Agli ottavi Andersson firma una doppietta e trascina la Svezia contro l’Arabia Saudita, ai quarti invece è decisivo con un gol al 115’ che manda la sfida contro la Romania ai rigori: Petrescu e Belodedici sbagliano e per gli scandinavi si aprono le porte della semifinale, ancora una volta con il Brasile davanti. A Pasadena si interrompe il sogno svedese ma la medaglia di bronzo viene conquistata con un perentorio 4-0 alla Bulgaria in cui Andersson va ancora a segno. Cinque reti in sette partite, il centravanti è l’uomo nuovo del Mondiale, il bomber che domina sulle palle alte, la torre che permette gli inserimenti dei compagni di reparto. Nell’estate del 1995 arriva la chiamata del Bari: 33 partite e 12 gol, segna ma soprattutto fa segnare, Igor Protti si laurea capocannoniere con 24 reti insieme a Signori ma la grande stagione dei due attaccanti non basta e la squadra di Fascetti scivola in B con 32 punti. Andersson rimane nella massima serie e passa al Bologna dove sfiora un clamoroso piazzamento Uefa, l’anno successivo invece Gazzoni gli affianca Roberto Baggio e il tandem rossoblù diventa fra i più temibili del campionato. Il numero 10 segna 22 gol, Andersson diventa il partner perfetto d’attacco: crea spazi, mette giù ogni pallone dominando ad alta quota e a fine anno il fatturato dei due è di 34 reti complessive. Il Bologna finisce in Intertoto e si guadagna l’Europa dalla porta di servizio, una coppa Uefa che vedrà clamorosamente protagonisti gli uomini di Mazzone i quali andranno ad un passo da una storica finale. Andersson si congeda nell’estate del 1999, si trasferisce alla Lazio dove rimane poco, in tempo per vincere una Supercoppa Europea e torna a Bologna. Ultimi sprazzi sotto le due torri e poi l’addio all’Italia per finire in Turchia al Fenerbahçe dove conquista un campionato, chiudendo in seguito la carriera in Svezia al Garda nel 2005. Centravanti muscolare, spalla ideale per tutti i compagni di attacco con i quali ha giocato, è stato uno dei terminali offensivi svedesi più apprezzati in Europa negli Anni 90, ottenendo anche miglior fortuna del celebre connazionale Martin Dahlin nel campionato italiano. Fuori dal calcio, dopo una breve parentesi come commentatore, oggi Kennet Andersson si occupa di psicologia applicata alla sport, è diventato mental trainer, un “allenatore della testa” come si è voluto definire qualche anno fa, il pallone però gli appartiene ancora seppur in maniera indiretta, infatti la figlia 14enne gioca a calcio e promette bene... Matteo Ciofi

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