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Scacchi matti: Momenti di gloria – prima puntata

Redazione

8 aprile 2014

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Erwin “Platini” Sanchez passerà alla storia come l’uomo che ha umiliato Diego Armando Maradona. Non in campo, ma in panchina. Il 6-1 con il quale la sua Bolivia, nell’aria rarefatta di La Paz, ha annichilito l’Albiceleste del Pibe de Oro durante le qualificazioni per Sudafrica 2010, è un risultato storico. In Bolivia però Sanchez era già un mito ben prima di quell’incontro, essendo stato tra i protagonisti della prima avventura de La Verde alla fase finale di un Mondiale dopo il lontano 1950. Accadde a Stati Uniti 94; con lui c’erano El Diablo Etcheverry, il pittoresco portiere Trucco, quindi Baldivieso, Ramallo e Moreno, ma toccò proprio a Sanchez siglare, nella sconfitta per 3-1 contro la Spagna, la prima rete di un giocatore boliviano nella coppa del mondo. Maestro dei calci piazzati, nel 2009 è stato eletto, assieme al sodale Etcheverry, miglior giocatore della Bolivia di tutti i tempi. La principale differenza con il compagno rimane l’esperienza in Europa; deludente quella del Diablo, flop nell’Albacete prima di volare nella MLS, ottima quella di Sanchez, tutt’oggi idolo della Oporto a scacchi bianconera. Quella del Boavista. Il campionato portoghese è sempre stato un affare privato tra Porto, Benefica e Sporting Lisbona. Una dittatura che, negli anni 90, il presidente del Boavista João Loureiro non era più disposto a tollerare. Il triangolo magico del Portogallo avrebbe dovuto diventare un rombo. La ricetta era semplice: affiancare ai frutti di un vivaio piuttosto fertile una serie di elementi di spessore internazionale. Ecco così sbarcare a Oporto il rumeno Ion Timofte, il citato Sanchez e l’attaccante ghanese Kwame Ayew. Nel 1996 viene prelevato dalla retrocessa Campomairoense una punta olandese che sino a dodici mesi prima giocava in patria con una squadra di dilettanti. Jimmy Floyd Hasselbaink e sarà uno dei grandi affari del presidente Loureiro, sia sportivamente (giocherà a Oporto una sola stagione, chiusa con 20 reti e il successo nella Taça de Portugal) che economicamente, garantendo alle casse del club un discreto gruzzolo al momento della sua partenza per l’Inghilterra, direzione Leeds. Giocatori di buon livello, finanze in salute, la giusta ambizione; per il grande salto al Boavista manca solo il timoniere giusto. Nella stagione 96/97 si alternano in quattro. L’annata seguente tocca a Jaime Pacheco, ex mediano di Porto e Sporting Lisbona. La sua filosofia in pillole: “I giocatori sono paragonabili a dei bambini; a volte bisogna utilizzare il bastone, altre volte la carota. Vanno pungolati e seguiti con attenzione, senza però accettare i loro capricci. Il Boavista? Penso al club con lo stesso affetto con cui penso a mia madre”. Nel 1999 arriva il secondo posto in campionato e la prima storica qualificazione alla Champions League. Due anni dopo, ecco l’autentico capolavoro di Pacheco: il titolo nazionale. L’ufficialità arriva il 18 maggio 2001 con un 3-0 casalingo al Desportivo das Aves. 55 anni dopo il Belenenses, l’egemonia delle tre grandi viene nuovamente spezzata. Tra i protagonisti, oltre a Sanchez, la punta Whelliton (11 reti in 21 incontri), l’esterno Martelinho, i difensori Frechaut e Pedro Emanuel. La Pantere mostrano i denti anche in Europa. Nel 2002/2003 si spingono fino alle semifinali di Coppa Uefa, dove trovano il Celtic Glasgow. Dalla Scozia gli uomini di Pacheco escono con un buon pareggio (1-1), ma a undici minuti dalla fine del match di ritorno Henrik Larsson gela gli Axadrezados (letteralmente i Quadrettati). Sfuma così l’intrigante ipotesi di una finale tutta portoghese contro nientemeno che il Porto dell’emergente Josè Mourinho. Mai stati troppo amici lui e Pacheco, e non solo per la rivalità cittadina che divide i due club. In passato tra i due erano volate parole grosse, con Pacheco che aveva definito il futuro Special One “un presuntuoso egomaniaco malato di protagonismo”, mentre Mourinho al termine di un derby si era rifiutato di stringergli gli mano perché, disse, “ non so nemmeno chi sia”. Erwin Sanchez comunque non ci sarebbe stato; il suo ginocchio sinistro aveva fatto crack. Lascerà il Portogallo e il calcio giocato nel 2004. Loureiro per contro è più pimpante che mai, e per confermare il suo Boavista nell’olimpo delle big di Portogallo inizia i lavori per la costruzione di uno stadio ipermoderno e multifunzionale. L’Estadio do Bessa farà bella mostra di sé durante l’Europeo del 2004 e quello under-21 del 2006, finendo però con l’aprire una voragine nei libri contabili delle Pantere. A Oporto si inizia a vendere, ma il colpo di grazia arriva dai tribunali con le sentenze per lo scandalo Apito Dourado (fischietto d’oro). Il Boavista viene retrocesso d’ufficio nella Liga de Honra, la serie cadetta, per poi rotolare in terza divisione, a un passo dal default economico. Ma le Pantere stanno tornando: nel gennaio 2013 Loureiro è tornato in sella, e dalla prossima stagione, grazie a un ricorso vinto, saranno nuovamente in Liga Sagres.

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