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Redazione

17.02.2014 ( Aggiornata il 17.02.2014 10:46 )

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Dopo le parole di Conte in risposta a Fabio Capello sul valore delle rispettive Juventus sarebbe facile scrivere un bel post su Calciopoli e guadagnarsi migliaia di click 'aggratis', come abbiamo fatto tante volte con il giusto cinismo giornalistico. Troviamo invece interessante una volta tanto parlare di calcio, cioè di quei due anni di Juventus a guida capelliana, cancellati dalla giustizia sportiva ma di sicuro esistiti e ricordati. In altre parole, visto che si sta facendo un confronto fra allenatori, con il materiale umano a disposizione Capello ha fatto bene o male? Capello torna a Torino, dove è stato solo come giocatore, nel 2004 per espressa volontà di Umberto Agnelli (la sua ultima scelta calcistica, prima di morire il 27 maggio di quell'anno) e lasciando una Roma dove aveva fatto benissimo diventando per certi versi anche una bandiera dell'anti-juventinità. Si trova una squadra già molto forte, reduce dal triennio del Lippi bis iniziato con due scudetti e finito con un terzo posto dietro al Milan e alla Roma di Capello. Buffon, Thuram, Zambrotta, Camoranesi, Nedved, Del Piero, Trezeguet ci sono stati con Lippi e ci sono Capello. A questi in estate Giraudo e Moggi aggiungono due pupilli di Capello, presi dalla Roma, Emerson e Zebina. E poi oltre a figure di complemento arrivano Fabio Cannavaro, che all'Inter sembrava infortunato (e dalle intercettazioni si capirà anche il perché), ma soprattutto Zlatan Ibrahimovic dall'Ajax dopo che Raiola ha preparato il terreno nel solito modo. Capello arriva quindi in una squadra già forte e gliene viene messa a disposizione una fortissima. Che in campionato ingaggia una lotta serrata con il Milan, prevalendo nel finale (e vincendo lo scontro diretto a San Siro senza Ibrahomovic, squalificato con una prova televisiva che Moggi riteneva 'ispirata' dal Milan), mentre nelle coppe la stagione non è memorabile: fuori al primo turno (ottavi) in Coppa Italia contro l'Atalanta, fuori nei quarti contro il Liverpool allenato da Rafa Benitez che poi vincerà la coppa nell'incredibile finale di Istanbul con il Milan. In mezzo tante ottime partite, con l'highlight degli ottavi superati contro il Real Madrid di Zidane, Figo, Ronaldo, Roberto Carlos, Beckham… Insomma, una brutta stagione è un'altra cosa ma è certo che quella Juventus avesse in canna in Champions League anche la vittoria finale. Nell'estate 2005 la Juventus si rinforza ulteriormente, con Patrick Vieira e Adrian Mutu. Perde la Supercoppa Italiana contro l'Inter ma domina in campionato (perdendo una sola partita su 38, record nei campionati a 20 squadre poi eguagliato dalla Juventus 2011-12 di Conte). Esce nei quarti, eliminata dalla Roma, in Coppa Italia dopo due drammatiche partite, ma è evidente che la squadra è stata costruita per tornare sulla vetta d'Europa. Anche quest'anno i sogni si spengono nei quarti, dopo avere superato gli ottavi contro il Werder Brema: L'Arsenal di Wenger domina l'andata e controlla il ritorno, lasciando a Capello la fama di uomo per i campionati ma non per le coppe. Poi Calciopoli e tutto il resto. Domandone finale: più forte la rosa della Juventus attuale o quella dei due anni di Capello allenatore? Ci sembra evidente, confrontando giocatore con giocatore (compreso il Buffon dell'epoca con il Buffon attuale) la superiotà di quella di un decennio fa. È anche vero che il livello medio del calcio italiano (oggettivabile dal rendimento europeo e non da pareri al bar) era anch'esso superiore. Nella stagione 2004-2005 gli ottavi di Champions videro la presenza di tre squadre italiane (Milan e Inter, oltre alla Juventus), con la Roma eliminata nei gironi, tutte qualificate ai quarti e con il Milan poi in finale. Nella stagione seguente agli ottavi approdarono le stesse tre squadre (fermata nei gironi l'Udinese), con l'Inter arrivata fino ai quarti e il Milan alle semifinali. Conclusione: Capello aveva disposizione una Juventus più forte, ma aveva anche avversari più forti. Conclusione bis: nell'estate 2004, quando si rese conto di non rientrare nei piani di Capello, un trentacinquenne Antonio Conte decise di lasciare il calcio giocato. Forse l'antipatia dipende anche da questo oltre, oltre che da discorsi sui massimi sistemi.

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