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Redazione

19.12.2013 ( Aggiornata il 19.12.2013 11:09 )

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Luciano Moggi è un uomo fortunato. Oltre a una grande carriera nel calcio ha avuto ricchezze, onori e amicizie importanti. Insomma, fra Moggi e noi che dobbiamo scrivere di gente come Moggi ha vinto senz'altro Moggi. Adesso ha vinto anche una condanna in Appello oscurata mediaticamente dal nuovo (in realtà integrazione del vecchio) calcioscommesse. 2 anni e 4 mesi di reclusione (reclusione si fa per dire) per l'ex direttore generale della Juventus 1994-2006, 2 anni per l'ex vicepresidente federale Mazzini, 2 anni all'ex designatore Pairetto (con il collega Bergamo invece graziato da un vizio di forma, per lui processo da rifare), condanne varie per arbitri di quella indimenticata epoca (De Santis, Dattilo, Bertini), prescrizioni a valanga un po' per tutti gli altri (fra questi i Della Valle, Lotito, Meani e Foti). Stiamo parlando di giustizia ordinaria, quella invocata di solito dai condannati dalla giustizia sportiva per le maggiori garanzie che offrirebbe (e ci mancherebbe) agli imputati. Secondo alcuni giuristi juke-box avremmo dovuto fermare il calcio per 8 anni (anzi, di più, visto che ci sarà il ricorso in Cassazione) in attesa di avere una verità giudiziaria sul moggismo. Che adesso c'è, con la Cassazione che non potrà entrare nel merito, ed è la seguente: l'associazione a delinquere era in essere ed era promossa da Moggi, per procurare benefici a sé stesso e a tutti quelli del suo giro. Di più: gli arbitri, risparmiati dalla sentenza Giraudo (che aveva chiesto il rito abbreviato), sono stati giudicati parte integrante del sistema. Loro e le loro schede telefoniche svizzere. Nel momento in cui gente che ha beneficiato dei favori di Moggi gli spara contro non ce la sentiamo però di infierire e sottolineiamo una cosa: non è che una condanna da parte della giustizia ordinaria sia una conferma della bontà della condanna sportiva (lì Moggi e Giraudo sono stati radiati, Galliani, i Della Valle, Lotito, eccetera squalificati con pene di lunghezza diversa, eccetera), così come una teorica assoluzione l'altro giorno a Napoli non avrebbe significato il contrario. La giustizia sportiva deve far funzionare la macchina dei campionati, il suo primo dovere è questo, mentre quella ordinaria deve tutelare le persone: le vittime, ma anche i presunti colpevoli. Non sono concetti difficili, al di là del fatto che entrambe le giustizie abbiano condannato Moggi e i componenti principali del sistema. Il non detto di tutta la vicenda, per il quieto vivere dei dirigenti del nostro calcio e anche per un certo marketing giornalistico e televisivo, è sempre il solito. Si sono analizzati e giudicati, in ogni sede, fatti riguardanti la stagione sportiva 2004-2005. Ma se quello fin qui descritto era un sistema di relazioni e di condizionamenti così vasto, come dicono le sentenze, è credibile che fosse nato il primo luglio 2004 e morto il 30 giugno 2005?

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