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Redazione

14.03.2013 ( Aggiornata il 14.03.2013 10:31 )

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Con tutto il rispetto per Papa Francesco, prima della sua elezione l'argentino più famoso nel mondo era Diego Maradona. Il paragone non è blasfemo, perché il primo Papa sudamericano della storia ha scatenato già in piazza San Pietro, e a maggior ragione in patria (con la significativa eccezione di Cristina Kirchner, storica antipatizzante di Bergoglio), reazioni che di solito si vedono solo in occasione di un Mondiale di calcio. Magari come quello del 1978, nell'Argentina governata da una dittatura con cui il clero locale fu troppo accondiscendente. Fra orgoglio nazionale e religione, non c'è esponente del calcio argentino che non abbia detto la sua sull'ormai ex cardinale di Buenos Aires, per sua stessa ammissione tifoso del San Lorenzo. Da Maradona stesso, che non vede l'ora di incontrarlo (Guardia di Finanza permettendo), a un Messi gasatissimo anche per motivi strettamente calcistici, passando per il vecchio Zanetti, il giovane Lamela e tantissimi altri, in un fiume di dichiarazioni di affetto che sarebbe sbagliato liquidare solo come folklore. Il fatto che nella cinica e secolarizzata Europa il Cristianesimo sia percepito sempre più come un optional forse non ci permette di capire fino in fondo la religiosità sudamericana. Parlando in privato con un qualunque calciatore argentino o brasiliano, non necessariamente di grande nome, si intuisce come ritenga che ogni sua vittoria o sconfitta sportiva sia comunque da inquadrarsi in un disegno più grande. Il che non significa mancare di impegno in campo, anzi di solito significa proprio il contrario, ma solo che il calciatore sudamericano è mediamente (ci sono tante eccezioni, chiaramente) più grato a Dio della sua fortuna che quello di altre zone del mondo. In Italia chi esprime concetti simili viene subito preso per fanatico o per fenomeno curioso, alla Legrottaglie. L'atteggiamento sudamericano verso la religione secondo i sudamericani non è in contrasto con il fallo assassino o lo sputo tattico, mentre in Scandinavia vedono la questione diversamente. Una religiosità simile alla nostra solo per certi aspetti sconfinanti nella superstizione (fra santi, santini e fioretti), ma diversa perché non viene ritenuta qualcosa da scindere dalla vita materiale (lavoro, passioni, eccetera). In questa ottica il fatto che Jorge Bergoglio sia stato trattato dai connazionali quasi come un'icona pop non è stridente rispetto all'importanza e alla sacralità (per chi ci crede) del suo compito. Così come non è stridente il fatto che Maradona, in una logica europea non proprio esempio di cattolico modello, sia credibile quando professa la sua ammirazione per il neo-Papa. Speriamo quindi che Papa Francesco porti un po' più di fede alla sudamericana nella vita europea di tutti i giorni. Anche non religiosa, ma almeno fede in qualcosa.

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