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Redazione

19.02.2013 ( Aggiornata il 19.02.2013 09:32 )

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Non c'era bisogno della Panchina d'Oro per definire il valore di Antonio Conte come allenatore, ma essere votati dai propri colleghi (32 voti pro Conte su 62 espressi) è diverso che essere omaggiati da giornalisti o tifosi, due categorie per motivi diversi schiave del Dio Risultato. Dietro al tecnico della Juventus si sono piazzati, a grande distanza (rispettivamente 11 e 8 voti), Vincenzo Montella e Francesco Guidolin che aveva trionfato nel 2010-11. Lezione di stile da parte di Zdenek Zeman, che ha votato Conte riservandogli anche parole di stima. Zeman che ha stradominato la classifica della Panchina d'Argento, come allenatore del Pescara: 42 voti, contro i 7 di Giampiero Ventura, rimasto al Torino, e i 5 di Rolando Maran che l'anno scorso era al Varese. 42 voti su 62, da parte degli unici del carrozzone del calcio che davvero capiscano di calcio, cioé gli allenatori: non male nemmeno il risultato di Zeman, quindi, che si sta ancora chiedendo come mai De Rossi sia rimasto conquistato da Andreazzoli e non da lui. Ma dicevamo di Conte, il cui premio non è banale perché non sempre viene assegnato a chi vince lo scudetto. Anzi, è avvenuto più spesso il contrario: negli ultimi 17 anni solo 6 volte, con Zaccheroni (1998-99), Capello (2000-01), Ancelotti (2003-04), Mancini (2007-08), Mourinho (2009-10) e appunto Conte, l'allenatore ritenuto più bravo era seduto sulla panchina della squadra più forte. Al di là delle statistiche, in cosa risiede l'unicità di Conte rispetto agli altri allenatori di prima fascia? Cosa farebbero Mazzarri o Petkovic, per non dire Allegri o Stramaccioni, sulla panchina bianconera? Si parla quindi della mitica 'mano dell'allenatore'... Dire che il segreto risiede nell'intensità degli allenamenti è un'offesa all'intelligenza dei lettori ma anche nei confronti degli altri allenatori. Tutti lavorano, tutti chiedono il massimo ai propri giocatori: urlare di meno non significa pretendere di meno. Allora saranno gli schemi? In realtà Conte fa parte del partito dei flessibili: arrivato nel 2011 alla Juve con la nomea di uomo da 4-4-2 (veramente qualcuno diceva 4-2-4, vista la predilezione per gli esterni offensivi), Conte è passato dal 4-5-1 (4-3-3 in certi contesti), con Pepe largo a destra e Vucinic a sinistra, al 3-5-2 che gli è stato suggerito da varie considerazioni fra cui la caratteristiche di Lichsteiner. Il salto di qualità di Bonucci, come centrale dei centrali, ha reso poi la difesa a tre qualcosa di praticabile con continuità anche se nel corso delle partite si vedono molti adattamenti. Quindi non sono gli schemi, ma semmai una certa sensibilità nell'adattarli al momento e alle situazioni. Nei libri di tattica che si scriveranno fra 50 anni non ci sarà alcun riferimento al 'modulo di Conte'. La Juventus corre di più degli altri? Negli ultimi due mesi non si direbbe, va piuttosto a fiammate (vedere Celtic). Alla fine la differenza è fatta, come in tante altre situazioni di primo livello, dalla capacità di gestire, ma diciamo pure comandare, venticinque uomini ognuno dei quali si crede un fenomeno incompreso. E' una qualità che non si insegna e che soprattutto non si impara. E a Conte, da Bari a Siena passando anche periodi negativi come quello di Bergamo (una specie di giro d'Italia di un certo tipo di calcio), questa qualità non è mai mancata. Il rovescio della medaglia è quello di non essere e soprattutto di non fare l'amico dei propri calciatori, non capendo certe dinamiche dello spogliatoio (e non parliamo solo di partite taroccate) e certi casi umani particolari. Quello che è certo è che quelli con il carattere di Conte possono fare bene in ogni contesto, alla Juventus come in provincia, mentre altri allenatori funzionano in un solo ambiente. Insomma, sul campo Conte è d'oro. In altri contesti invece è di bronzo, ma quello di Coverciano non era un premio all'etica. Del resto il presidente degli allenatori italiani è Renzo Ulivieri.

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