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Il tifo di Garrone

Redazione

22 gennaio 2013

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Adesso che Riccardo Garrone è morto il coccodrillismo standard impone di scrivere che è stato un 'grande signore' (qualcuno, quando sarà il momento, lo scriverà anche di Moggi), ma in realtà se escludiamo i pochi che lo hanno frequentato veramente si tratta delle solite parole che si dedicano a un ricco defunto. Non lo conoscevamo personalmente e quindi lo giudichiamo solo per quanto ha fatto nel calcio, dove è riuscito in un'impresa rara: ridare vita e prestigio alla Sampdoria, cioé a una squadra con un bacino di utenza limitato (anche nella stessa Genova), senza rimpiangere e far rimpiangere un grande passato. Quello di Paolo Mantovani, 'signore' con l'asterisco (l'inizio della sua avventura alla Samp coincise con la sua latitanza...) ma ovviamente più amato dai tifosi, e di una squadra irripetibile che segnò gli anni Ottanta arrivando alla vetta al'inizio dei Novanta, con lo scudetto e una finale di Coppa Campioni persa contro il Barcellona del Guardiola giocatore. La grandezza calcistica di Garrone è consistita nel prendere in mano una Sampdoria ormai in caduta libera nel 2002, a una passo dalla serie C, consapevole del fatto che non avrebbe mai eguagliato i fasti del recente passato. Con Garrone presidente e Walter Novellino in panchina la promozione ed il ritorno in A arrivano immediatamente. Novellino è stato di sicuro il 'suo' allenatore, quello che con una squadra di livello medio-basso è arrivato a un passo dalla Champions League (quinto posto nel 2004-2005). Ottime cose anche con Mazzarri in panchna e Cassano in campo, al di là del famoso episodio (con colpa di Cassano, per i modi e per la sostanza). Con Delneri, nel 2009-10, arriva finalmente la qualificazione per i preliminari di Champions, ma i sogni si schiantano contro il Werder Brema. Marotta va alla Juventus, Delneri anche, dopo pochi mesi Cassano finisce al Milan e Pazzini all'Inter: le ambizioni di Garrone, mai sbandierate, finiscono qui. Con una immediata retrocessione e con un altrettanto immediato ritorno in A, con Garrone che in qualche modo accetta lo status 'medio' della Samp. A margine di tutto va detto che il petroliere avrebbe avuto i soldi non diciamo di un Abramovich ma di sicuro di un Moratti o almeno di un Sensi, per non dire di un Mantovani, per mantenere la Sampdoria ad un livello alto tre anni fa, con due o tre grandi acquisti da Champions. Non ha voluto, per motivi etici ma anche, per essere chiari, perché non gli andava di buttare via soldi pr uno sport che non lo ha mai scaldato più di tanto e che riteneva (a ragione) pieno di farabutti. Chi lo conosceva bene dice che lui amava Genova, più che la Sampdoria. Di solito i grandi cicli terminano con un disastro, Garrone lo ha evitato e ha mantenuto alta la fama della Sampdoria come società seria. Poi per vincere occorrevano più soldi e più pelo sullo stomaco, l'imprenditore di seconda generazione ha i primi ma di solito manca del secondo. Onore a Garrone, sperando che i figli continuino sulla strada da ui tracciata. Twitter @StefanoOlivari

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