Il senso della Confederations Cup

Il senso della Confederations Cup

Pubblicato il 3 dicembre 2012, 11:57

La Confederations Cup nei piani di Josef Blatter avrebbe dovuto essere un Mondialino, o meglio quello che fino al 1978 era stato il Mondiale vero (16 squadre), ma a dare concretezza a questo progetto sarà forse il suo successore: magari ripristinando la cadenza biennale che dopo il 2005 è stata abbandonata. La nona edizione della manifestazione (in Brasile dal 15 al 30 giugno 2013) sarà quindi ancora una prova generale per il Mondiale dell'anno successivo (la curiosità è che mai il vincitore della Confederations Cup l'anno dopo è riuscito a riconfermarsi), ma questo non toglie che il sorteggio dei gironi avvenuto sabato scorso all'Anhembi Convention Centre di San Paolo abbia regalato le emozioni del grande evento. Ronaldo, icona del Mondiale 2002, Bebeto di quello 1994, Cafu di entrambi (ma più dei quello del 2002), la supermodella Adriana Lima (nota anche come moglie del cestista Marko Jaric, o forse è lui più ad essere più noto come marito di lei), la campionessa Marta, eccetera. Nel gruppo A Brasile, Italia, Messico e Giappone, nel B Spagna, Uruguay, Tahiti e i prossimi campioni d'Africa (sapremo chi sono il prossimo febbraio, in Sudafrica). Match inaugurale, Brasile-Giappone, il 15 giugno all'Estadio Nacional di Brasilia. Le tre partite sicure per l'Italia, prima delle eventuali semifinali e finale, saranno il 16 giugno al Maracanà contro il Messico, il 19 a Recife contro il Giappone e il 22 a Salvador de Bahia contro i padroni di casa. Tanto per fare un po' i soliti discorsi, anche in occasioni come questa bisogna ricordare che il motore finanziario e tecnico del calcio mondiale è il grande calcio di club europeo. Senza Champions League e quei pochi tornei nazionali (c'è anche la vituperata serie A) televisti in tutto il mondo, il calcio sarebbe come interesse generato paragonabile al rugby: poche grandi sfide fra nazionali (con le amichevoli chiamate pomposamente 'test match') e ogni quattro anni i Mondiali. Niente di male, basta saperlo. Questo non toglie che tornei come la Confederations Cup, oltre che una collocazione giusta (quella della Coppa d'Africa sembra più un dispetto all'Europa che una reale necessità tecnica), abbiano un senso soprattutto quando iniziano ad avere una tradizione e a fare di tutto per mettere in campo i migliori. Con tutto il rispetto per Tahiti, quest'anno con Brasile, Spagna e Italia è andata di extralusso. L'utilità è quindi soprattutto per la FIFA, che crea attesa per l'evento che la tiene in piedi e soprattutto fa girare il tassametro. Buon per lei che il Brasile, cioè la squadra che tutto il mondo vuole vedere a prescindere dal tifo, sia mancato solo nelle due semiclandestine (all'epoca la denominazione era 'Coppa Re Fahd') edizioni del 1992 e del 1995.

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