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Redazione

18.10.2012 ( Aggiornata il 18.10.2012 11:36 )

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Salutato lo scontato arrivo di Camolese (e la partenza di Braghin) sulla panchina della Pro Vercelli, quale "tema" della nona giornata mi pare si imponga la crisi di risultati e, in parte, di gioco della Reggina. Al di là dell'oggettiva sfortuna riassunta dai due legni colpiti contro il Livorno da Fischnaller e Hetemaj (nella foto della partita, un duello fra Adejo e Paulinho). Che a Dionigi spettasse un compito non facile lo si era intuito da subito. Squadra giovane, progetto tattico (3-4-3) tanto ambizioso quanto insidioso, necessità di coniugare in tempi abbastanza rapidi il drastico taglio dei costi imposto da Foti con risultati in grado di risvegliare l'entusiasmo di una piazza ormai stanca e disillusa (con il Livorno appena 559 paganti al Granillo!). Troppa carne al fuoco. E il risveglio è stato piuttosto brusco. Il colmo è che il rimedio era lì, in casa, davanti agli occhi di tutti. E si chiamava Emiliano Bonazzoli. Continuare a mettere il dito nella piaga della presunta leggerezza e ingenuità del reparto offensivo amaranto (8 reti in tutto, peggio hanno fatto soltanto Cesena, Crotone e Lanciano) e sbattere fuori rosa Bonazzoli, adducendo come giustificazione l'eccessiva onerosità del suo contratto e arrivando dopo lungo tira e molla alla risoluzione dello stesso, è un paradosso che, alla lunga, il presidente dovrà spiegare ai propri tifosi. Nessuno meglio del corazziere di Asola poteva rappresentare quel riferimento centrale di stazza e di esperienza mai pervenuto nel tridente di Dionigi. Un terminale che avrebbe rivitalizzato i tagli di Ceravolo, rincuorato il promettente ma imberbe Fischnaller, istruito il possibile erede Comi (per caratteristiche quello che gli somiglia di più), valorizzato i lampi di talento di Sarno. Senza dimenticare il gioiellino di casa Viola. Ha qualche (sottolineo il "qualche", visto che i presidenti, lui compreso, dovrebbero farsi un esamino di coscienza…) ragione Foti nel sollevare il problema dei contratti pluriennali spesso fuori mercato, però ha scelto modo, momento e persona sbagliati. Forse male consigliato. Perché, gira e rigira, il problema resta là davanti. Dionigi ha provato e riproverà a mischiare le carte, ma ora sa che dal mazzo non uscirà il jolly (Bonazzoli). E, ironia della sorte, sabato la Reggina va a far visita a quel Cesena cui non dispiacerebbe imbarcare la svincolata punta mantovana (che intanto però fino a gennaio, quando sarà tesserabile, si allenerà con la Primavera del Padova). Resto in Emilia Romagna per una doverosa sottolineatura sul Modena, a pieno titolo in zona playoff. Tre fattori, strettamente connessi fra loro, mi paiono decisivi. Innanzitutto il ritorno di Ardemagni sui livelli che gli competono. Non è solo una questione di gol (pure importanti per un bomber di razza), ma di posizione in campo e di interpretazione del compito che Marcolin gli ha assegnato nel 3-4-3 gialloblù. Tradito dalla sua generosità, per alcune giornate Matteo ha continuato a sbattersi in uno sfiancante quanto inutile "pendolo" su tutto il fronte d'attacco, con il (pessimo) risultato che quasi mai si faceva trovare nel posto giusto al momento giusto, ovvero nel cuore dell'area per concretizzare il massiccio lavoro degli esterni. Una volta limitato il raggio d'azione, spendendosi anche spalle alla porta per tenere palla e far salire la squadra, il suo rendimento ha registrato l'attesa impennata. Secondo, l'innesto (una volta recuperata la piena efficienza fisica) a centrocampo di un regista come Moretti, veloce di pensiero e di piede. Giocatore che possiede i tempi e la misura della verticalizzazione, più incisivo di un pur ordinato gestore come Dalla Bona. Caratteristica indispensabile per innescare le fasce. E qui veniamo al terzo anello forte della catena, l'indemoniato Lazarevic, che sulla destra sta implacabilmente alzando i ritmi, bevendosi gli avversari con dribbling e cambi di passo devastanti. Elemento da categoria superiore. In attesa che sul fronte opposto sappiano emularlo l'inespresso Surraco (il più classico dei "vorrei ma non posso o non riesco") e il timido William ('92 che pure ha lasciato intendere di possedere un certo talento). Ultima dedica per il Padova. Che si è sbloccato in trasferta (primo successo) e in corso d'opera sta lentamente ma regolarmente salendo nel gioco e nella condizione fisica. Determinante il fattore-Cutolo e non di meno la doppia fase di Legati e Renzetti che sgorga sempre più naturale (soprattutto per Legati, abituato più a difendere che a offendere, si tratta di un'evoluzione affatto scontata). Resta invece da risolvere il rebus-Granoche (a tratti svagato e slegato dal contesto) e da incanalare l'esuberanza di Farias, portato a strafare e quindi a perdere lucidità quando conclude in porta. Buona l'idea di fargli muovere palla fra le linee, purché lo faccia seguendo uno schema e non l'improvvisazione del momento che rischia di portarlo fuori strada. A Pea il compito di trovare i giusti correttivi. Gianluca Grassi Votate il nostro sondaggio sulla Serie B: quali squadre conquisteranno la promozione diretta in A?

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