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Un bilancio da Juventus europea

Redazione

20 settembre 2012

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La dimensione di questa Juventus è l'Europa, con tutto il rispetto per una serie A in caduta libera come qualità degli interpreti anche se non ancora come interesse del pubblico (fa eccezione il Milan, che ha 'venduto' mediaticamente male questo anno di transizione). La partita di Stamford Bridge contro il Chelsea è stata importante soprattutto per stabilire questo, perché la squadra di Conte ha rimontato due gol non con eroismi o colpi di fortuna ma continuando a fare la sua partita senza abbassare il ritmo e senza mai subire l'avversario. Lo ha fatto con un brutto Pirlo, forse il peggiore visto finora con la maglia bianconera (surclassato in certi momenti da Oscar) e con un Giovinco inconsistente e sostituito nel finale da un decisivo Quagliarella, quindi il due a due contro i campioni d'Europa 'provinciali' di Di Matteo assume ancora più valore. Straordinari Vidal e Marchisio, sui loro livelli quasi tutti gli altri, più che la moviola della partita troviamo interessante sottolineare la distanza psicologica prima ancora che di punti o di schemi (ultimamente gli stessi del Napoli o di una delle varie Inter di Stramaccioni) fra la Juventus e le sue avversarie italiane. Si è infatti creato un meccanismo di positività per cui anche le prestazioni sottototono di alcuni singoli riescono ad essere metabolizzate e a confondersi con il resto. E gli innesti da calciomercato, nessuno dei quali il mitico top player (Isla, Asamoah, Giovinco), ormai irraggiungibile se un attaccante in declino preferisce (giustamente, dal suo punto di vista) la squadra nona in Premier League a quella campione d'Italia, sono finiti non in un cantiere con lavori in corso e l'architetto che non ha ben chiaro in testa il progetto ma in una realtà che appare monolitica. Parliamo solo di calcio, perché anche per la Juventus i risultati finanziari sono disastrosi (l'esercizio 2011-12 si è chiuso con una perdita di 48.7 milioni, un rosso quasi ai livelli delle milanesi) e nella sostanza, con buona pace di Platini, paragonabili a quelli di quasi tutti i grandi club europei con ambizioni di Champions, con l'esclusione del Bayern Monaco e del Manchester United. Non è che le spese fuori controllo assicurino le vittorie, come dimostrano il Real Madrid (ultima Champions vinta 10 stagioni fa) e lo stesso Chelsea che ha alzato il trofeo in una delle sue peggiori incarnazioni dell'era Abramovich, ma aiutano. Solo che la Juventus nell'ultimo anno il suo 'rosso' se lo è giocato bene.

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