La “vera America” della Roma

La “vera America” della Roma

Pubblicato il 23 marzo 2012, 12:27

L'America, per la Roma, è più vicina di quanto si pensi. Di fatto sotto casa, con tutto il rispetto per la nuova dirigenza a stelle e strisce. L'America è un Olimpico stracolmo (erano in ventimila) che saluta la conquista della quarta Coppa Italia Primavera giallorossa (l'ultima era targata 1994 e l'aveva alzata Totti). L'America è la miniera d'oro di un vivaio che da anni non tradisce. Neppure il tempo di salutare il salto nel professionismo di Caprari e Viviani ed ecco allo loro spalle fiorire Pigliacelli, Ciciretti, Politano, Verre, Sabelli. Filosofia borgatara, quella della Roma. Rare le concessioni esterofile, due o tre in tutto. Giusto quando si fiuta l'affare, come è stato nel caso dell'ivoriano Tallo (cresciuto nel Chievo e bocciato con troppa fretta dall'Inter). L'America è la gioia di Alberto De Rossi, padre e padrone di un vivaio a cui è rimasto fedele con l'entusiasmo del primo giorno e a cui si ostina a trasmettere valori che vanno spesso al di là del rettangolo di gioco. L'America è una Roma-Juventus mai avara di emozioni. Degna prosecuzione della finalissima che un mese fa aveva consegnato la Viareggio Cup ai bianconeri. L'America è pensare che domenica prossima la Primavera dell'Inter possa conquistare la Next Generation Series, la Champions dei giovani. Avversario terribile, l'Ajax. Però ci si può provare. L'America è tentare finalmente di coniugare al futuro il nostro calcio. Senza troppi calcoli, senza troppe pressioni, senza troppe pretese. Si dice spesso che curiamo poco e male il settore giovanile. È solo una parte di verità. Bisogna migliorare la qualità della formazione, e di conseguenza, quella della selezione. Ma i giovani di talento non ci mancano, come hanno dimostrato Roma e Juventus. Semmai è la miopia di certe strategie (sia a livello federale che di club) a ritardarne l'esplosione. È l'arroganza e l'ignoranza di certi presidenti, che comprano vagonate di pipponi stranieri e cambiano tre o quattro allenatori in prima squadra per arrivare decimi anziché dodicesimi, a svilire e trascurare l'investimento del vivaio. L'America è toccare con mano il prodotto degli sforzi di Roma e Juventus. Lasciamo perdere Totti e Del Piero. Lasciamoli lassù, sul piedistallo. E parliamo di De Rossi, Aquilani, Pepe, Bovo, Amelia, Cerci, Nocerino, Criscito, Marchisio, Giovinco, De Ceglie, Immobile. Ancora convinti che sia verde solo l'erba della Cantera del Barça? O che per parlare di calcio ci si debba sempre rifugiare nella retorica della "vecchia bandiera" (vedi lucida analisi del bravo Olivari su Inzaghi)? Gianluca Grassi

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