Quando si invecchia non si capiscono più molte cose. È la condanna di ogni generazione. Altrimenti riuscirei anch'io a cogliere il senso dei messaggi lasciati su Twitter dai calciatori. Su SkySport 24 ne hanno fatto una rubrica fissa, decine di insipide frasi lette ogni giorno con grande enfasi. Ma anche i quotidiani mica scherzano. Mi dite voi a cosa servono?
Ogni cazzata scritta su Twitter o Facebook, ormai catalogati come social network, viene inseguita con un'attenzione per me incomprensibile da parte dei cronisti, un tempo concentrati sulla Pinetina, oggi sul web. Ma che cosa aggiunge, mi chiedo, sapere che Giorgio Chiellini mostra un insulso disegno su Twitter, quando un qualunque tifoso ne farebbe dieci migliori di lui? Che sapore ha un messaggio per la morte di Simoncelli da parte di un giocatore del Barcellona che mai l’aveva incontrato in vita? Ed è davvero così interessante sapere che le compagne dei giocatori del Napoli - come ha comunicato la signora Cannavaro su Facebook - hanno festeggiato insieme la vittoria contro il Villarreal?
Il povero Gino Palumbo diventò il bersaglio dei colleghi per la sua apertura alle voci dello spogliatoio, con le prime interviste ai calciatori sin lì bandite dalla stampa sportiva, capace di scrivere in proprio e di non dipendere dal divo di turno. Ma da allora, a forza di titoli gridati e forzature continue, di biscardizzazione del sistema, siamo arrivati ai sospiri, ai singulti. Alle 160 battute spazi inclusi. Perché abbiamo bisogno di inseguire e rendere pubblico ogni anfratto di esistenza, ogni movimento? È roba da stalker. Il prossimo passo, fatto un po' di calcoli, potrà essere solo il rutto. Sì, sono vecchio.