Il trasferimento di Nicolas Anelka allo Shangai Shenhua ci ricorda che la Cina, simpatica sintesi fra il peggio del comunismo ed il peggio del capitalismo, sta comprandosi il nostro mondo (sottoscrivere i 'nostri' titoli del debito pubblico significa questo) ma non ci sta riuscendo con il nostro calcio. Lo prova il fatto che per il momento la Chinese Super League, nata nel 2004 dalla ceneri della vecchia A-League (e con il professionismo in senso stretto arrivato solo dal 1994), deve ricorrere a sudamericani di seconda fascia e a vecchie glorie europee per dare un po' di entusiasmo a un pubblico che può vedere in tivù il meglio del mondo (come in tutta l'Asia, la Premier League vince per distacco come audience e come scommesse) e che non riesce ad appassionarsi ad un torneo noto soprattutto per scandali e corruzione a livelli imbarazzanti anche per un osservatore italiano. Eppure i numeri, in tutti i sensi, per fare bene ci sarebbero. Ma sta di fatto che finora l'acquisto più importante nella storia del calcio cinese è stato quello della mezzapunta argentina Dario Conca: non uno sconosciuto (fino a sei mesi fa era uno dei giocatori chiave del Fluminense), ma nemmeno una stella: su di lui il Guangzhou ha investito circa 8 milioni di euro e ha visto giusto perché da subito questo mini-Messi (nel fisico lo ricorda molto, la tecnica è lontana ma comunque notevole) è stato protagonista trascinando la sua squadra verso il titolo. E quindi? Il calcio dell'era iper-televisiva (quella in cui si può vedere tutto di tutto, con una buona connessione internet) si sta avviando verso una strada che altri sport conoscono già bene: quella che porta gli appassionati a pretendere solo il meglio del pianeta. Senza fare esempi esotici o di serie minori, alle 22 di sabato scorso quanti spettatori non tifosi di Inter e Fiorentina hanno rinunciato a guardarsi il primo tempo di Real Madrid-Barcellona? Secondo noi nessuno. E a questi aggiungeremmo anche i tifosi più tiepidi delle due squadre italiane. Per questo l'agitarsi di queste leghe emergenti, come a volersi sganciare da una realtà troppo locale, sembra velleitario e profondamente sbagliato. Non è un caso che la Champions league, che aspira nemmeno troppo segretamente ad essere la NBA del calcio, stia pensando di riformare se stessa nonostante l'enorme successo finanziario. Conclusione: un bambino cinese Anelka avrebbe preferito continuare a vederlo nel Chelsea.
Twitter @StefanoOlivari