Forse abbiamo letto male le classifiche dei gironi di Champions League, ma abbiamo trovato scritto che a una giornata dalla fine l'Inter ha matematicamente passato il turno come prima, il Milan come seconda e che il Napoli è messo molto bene e comunque padrone del suo destino. Di più: l'Arsenal che ha eliminato l'Udinese nei preliminari, con merito ma in sostanza su due episodi particolari, non sarà quello dell'era Henry ma ha anche lui passato il turno come primo del girone e il 6 dicembre andrà ad Atene solo per una scampagnata e sfruttare il potere d'acquisto della sterlina opportunamente rimasta fuori dal carrozzone dell'euro. Dove vogliamo arrivare? A dire che sarebbe molto facile oggi un articolo che esaltasse il calcio italiano, molto ben messo nel torneo più importante del mondo (che è la Champions) e qualificato in scioltezza per la fase finale dell'Europeo per nazionali. Un articolo da contrapporre ai mille di stampo disfattista, sul merchandising della Premier League, gli stadi che da noi sono obsoleti, i giovani del Barcellona, l'organizzazione tedesca, e via attingendo dal Bignami dell'esterofilia. Un articolo tanto teorico quanto stupido come quelli a cui si dovrebbe contrapporre, sulla base come al solito dell'ultimo risultato. La modesta verità è che tolti Barcellona (modello sociale e tecnico irripetibile), Real Madrid (che vive per alimentare il suo mito, più che per vincere) e la Premier League la cui popolarità mondiale dipende anche da fattori storici e culturali ben precisi (in epoche non lontanissime gli inglesi hanno dominato commercialmente il mondo, mentre purtroppo ai tempi dei Romani c'era solo l'harpastum), non c'è nulla di più interessante del calcio italiano. A dirla tutta, rispetto a trent'anni fa i ragazzi fanatici di calcio sono in proporzione molti di più. Conclusione: il pallone non si sta sgonfiando, per parafrasare un titolo che da quaranta anni (forse anche prima, però non c'eravamo) viene buono.
twitter@StefanoOlivari