L’altra sera, nella notte storica del San Paolo, si è visto quanto un allenatore conti in una squadra. In senso negativo. Mancini ha sbagliato tutto. Approccio alla gara, scelte dei singoli, tempi dei cambi. Come si fa a partire con Dzeko, perfettamente marcabile da Paolo Cannavaro, e dare appena 9 minuti ad Aguero, piccolo e fulminante, ideale per mettere in difficoltà i corazzieri della difesa napoletana? Ha fatto più l’argentino in uno scampolo di gara che il bosniaco in 80 minuti. Il Napoli è stato impeccabile. Ha giocato basso, lasciando ai suoi rapidissimi contropiedisti lo spazio necessario per colpire con le progressioni potenti di Hamsik e Maggio e quelle estrose di Lavezzi. Uno spettacolo, così come l’attenzione difensiva di Paolo Cannavaro e la solidità di Gargano in mezzo al campo. Ma mi chiedo come Roberto Mancini abbia sottovalutato il gioco del Napoli, da sempre micidiale nelle rimesse e invece più macchinoso se obbligato a manovrare. Il Manchester City è sceso a Napoli con la presunzione della grande squadra che deve e vuole fare la partita, a prescindere dagli avversari, sicura di segnare due o tre gol in qualunque momento. Con un possesso palla altissimo, persino esagerato (70% del tempo), ha solo finito per aumentare l’incisività del Napoli, che è ripartito ogni volta in maniera letale. Con almeno altre due o tre occasioni clamorose per dilagare nel punteggio. In 90 minuti si è così azzerato il divario di rosa, di investimenti, di spocchia. Il Napoli è costato un centesimo del City, che ha un monte-ingaggi cinque volte superiore a quello di Cavani e compagni. Bastava vedere la panchina degli inglesi per impressionarsi. Ma a casa potrebbero andare Mansour e Mancini, lasciando strada a Mazzarri e De Laurentiis. Se fossi nel presidente, manderei dei cioccolatini al Mancio.