La crisi dell'Inter ha tante spiegazioni sportive, prima fra tutte il declino di un gruppo creato da Mancini e portato alla vetta europea da Mourinho. E' banale ma doveroso ricordare che Massimo Moratti era proprietario del club da 9 anni prima dell'arrivo dell'attuale allenatore del City e che lo è rimasto nel dopo Mourinho. In altre parole: i soldi non sono tutto e soprattutto non li ha solo Moratti, bisogna anche saperli spendere e per questo occorre un allenatore di forte personalità. Il Sacchi che rifiutò Borghi, caldeggiato (eufemismo) da Berlusconi per insistere su Frank Rijkaard può rendere l'idea. E Mancini e Mourinho questa personalità l'avevano. Non vale nemmeno il discorso del canottierato del genere 'Eh sì, ma prima c'era Moggi'. Adesso Moggi non c'è più, se non come bolso opinionista e querelante per interposta persona, e l'Inter va peggio di come sia mai andata in tutta l'era Moggi-Juve. E quindi? I soldi sono fondamentali per stare ad alto livello, quando si vuole vincere davvero il calcio è un'attività strutturalmente in perdita, anche senza bisogno di citare il 'rosso' fisso nei bilanci dei grandi club (dati 2011: Juventus meno 95,4 milioni, Milan meno 69,8 e Inter meno 86,8). Il fatto di metterci i soldi, e qui veniamo al punto, non è una situazione che possa esentare dalle critiche. Tutti, al livello dell'Inter, ci mettono i soldi. E se Moratti non avesse più voglia di metterli, il mondo è pieno di miliardari con la 'scimmia' della visibilità calcistica. Lui, Agnelli, Berlusconi, De Laurentiis, eccetera, non sono benefattori anche se a molti giornalisti fa comodo descriverli così.
Twitter @StefanoOlivari
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