Il 30 ottobre 1977 moriva sul campo Renato Curi, per arresto cardiaco durante un Perugia-Juventus. Sembra ieri, anche se la memoria fa brutti scherzi. Avendo nella testa il ricordo di un centrocampista piccolo di statura ma robusto (quello che i giornalisti sportivi amano definire 'motorino di centrocampo'), con muscoli e baffoni: avevamo insomma rimosso il fatto che Curi avesse solo 24 anni. Non un giocatore logoro, ma un ragazzo nel pieno delle sue forze anche se con un problema sottovalutato. Dopo gli inizi al Giulianova e nel Como, a 21 anni era diventato il pilastro del Perugia di Ilario Castagner che nel 1974-75 conquistò la sua prima promozione in serie A. Presidente era Franco D'Attoma, direttore sportivo Silvano Ramaccioni. Alla Juventus è legato il ricordo tragico ma anche quello calcisticamente più bello: il gol del 16 maggio 1976 (la foto si riferisce proprio a questo) segnato nella porta di Zoff che di fatto diede al Torino di Gigi Radice la certezza dello scudetto. Poi l'episodio che ricorda tutta una generazione, anche se non c'erano le partite in diretta televisiva. Perugia in testa alla classifica insieme proprio ai bianconeri di Trapattoni, stadio pieno ma partita modesta e rovinata da una pioggia paragonabile a quella che 23 anni dopo avrebbe sfilato (insieme all'irregolare prosecuzione della partita decisa da Collina) lo scudetto alla Juventus di Ancelotti. Nel primo tempo Curi gioca bene, ha un leggero scontro di gioco con Causio ma si rialza subito. Poco dopo l'inizio del secondo fa uno scatto per raggiungere il passaggio di un compagno e si accascia. I compagni e alcuni juventini (in particolare Benetti e Scirea) si sbracciano, il caos è totale. Respirazione bocca a bocca, massaggio cardiaco, iniezioni, poi in barella viene caricato (probabilmente già morto) in ambulanza per una inutile corsa verso il Policlinico di Perugia. La notizia ufficiale della fine della sua vita arriva proprio al 90'. Ricordiamo la dietrologia dell'epoca, in simili casi, che poi è la stessa di oggi. Il primo pensiero di tutti va a a una malattia mai rilevata, il secondo al doping. Sicura la prima situazione, certificata dall'autopsia: un problema cardiaco mai curato (dettaglio agghiacciante: spesso Curi scherzava con i compagni sul suo cuore che batteva quando e come voleva) ma che in passato era amerso (al Giulianova) al punto di fargli fare un viaggio a Coverciano per controlli in teoria più approfonditi. Impossibile, soprattutto a distanza di anni, fare illazioni sulla seconda. Da notare però che per quel Perugia-Juventus il recupero di Curi, reduce da un infortunio alla caviglia, fu molto forzato dallo staff tecnico e sanitario del Perugia. Andò in campo con pochissimo allenamento, anche se questo magari non vuol dire niente: se tutti i giocatori in ritardo di condzione morisssero in campo ci sarebbero dieci decessi a partita. La coda giudiziaria si ridusse a una condanna minima per il medico del Perugia e per quello del Centro tecnico di Coverciano. Intanto Curi non c'era più.
Twitter @StefanoOlivari