L'ultimo rigore di Antonìn Panenka

L'ultimo rigore di Antonìn Panenka

Pubblicato il 19 ottobre 2011, 14:38

Sono passati 35 anni dal ‘cucchiaio’ con cui Antonìn Panenka beffò il portiere tedesco Maier regalando alla Cecoslovacchia il titolo europeo e inventando un genere poi ripreso con alterne fortune da altri campioni o pseudo tali. Un rigore passato alla storia perché simbolo di una generazione di geni in gran parte confinati alla periferia del grande calcio che attraverso il trionfo della nazionale di Panenka riusciva a salire sul gradino più alto del podio, unica insieme alla poderosa Unione Sovietica degli anni ’60 e ’70. Basti ricordare che, per volere del regime, nessuno poteva emigrare prima del compimento dei 32 anni e che malgrado questa norma protezionistica le squadre di Praga e dintorni non erano mai riuscite a fare strada nelle competizioni europee. Panenka, Ondrus, Nehoda, Vesely, Dobias riuscirono in un’estate a scrivere una storia diversa e a riuscire dove altre scuole sopraffine (e in lenta ma inesorabile decadenza) avevano fallito. Ungheria, Jugoslavia, Polonia: nessuno fu più capace di imporsi al massimo livello dopo quella Cecoslovacchia. Anche per questo il rigore di Panenka, all’epoca semisconosciuto centrocampista del Bohemians Praga, è passato alla storia. Fu una sorpresa assoluta per Sepp Maier e per i telespettatori di tutta Europa. Non per i cecoslovacchia che alla prodezza, ribattezzata in patria ‘panenka’, si erano abituati nel campionato locale. Oggi, quasi mezzo secolo più tardi, di Panenka torna a trovarsi traccia in un video che lo riprende all’interno di uno spogliatoio insieme a quattro bellissime ragazze seminude sotto la doccia. Un po’ ingrassato, i capelli più corti e ingrigiti, i baffi inconfondibili a un sigaro in mano, l’eroe del 1976 che di mestiere fa il presidente del club della sua vita, si presta a una campagna promozionale in favore dei Bohemians. Ha l’espressione di chi mai si sarebbe immaginato di finire sotto la doccia in mezzo a discinte cheerleader per portare sponsor alla sua società. Lui, che ricordando il rigore che l’ha consegnato alla storia disse “Se l’avessi sbagliato, mi avrebbero spedito a lavorare in fabbrica per trent’anni di fila”. Gli è andata meglio. Ha segnato, evitato la catena di montaggio ed è finito dritto dritto sotto la doccia. Parabola discendente di un’icona degli anni Settanta. di Giovanni Capuano Dal blog http://calcinfaccia.blogspot.com

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