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L'ultimo passo di Veron

Redazione

7 ottobre 2011

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Quando un campione sta per ritirarsi sono inevitabili i discorsi del genere 'Avrebbe potuto fare di più'. Vale per tutti ma per Juan Sebastian Veron in particolare, nonostante abbia giocato in grandi club e vinto molto con un ruolo quasi sempre da protagonista. A fine mese l'ex centrocampista di Boca, Sampdoria, Parma, Lazio, Manchester United, Chelsea, Inter saluterà il suo Estudiantes e per un po' anche l'ambiente del calcio, nel quale ha sempre vissuto (suo padre Juan Ramon fu colonna dell'Estudiantes degli anni Sessanta e Settanta: Juan Sebastian è nato proprio mentre lui stava giocando il Clasico Platense contro il Gimnasia) ma da corpo estraneo. Inutile ricordare quello che ha fatto in campo, ogni lettore del Guerino lo sa. Bisogna però rispondere a questa domanda: cosa gli ha impedito di fare l'ultimo passo verso la vetta? Verso cioè la zona dei Messi e dei Maradona? Prima di tutto, per dirla brutalmente, il ruolo: anche gli addetti ai lavori sono abbastanza ignoranti e si fanno condizionare dal numero dei gol, anche quando si parla di centrocampisti che creano più che finalizzare. In questo senso il suo periodo migliore fu alla Lazio di Eriksson (che lo aveva voluto anche nella sua Sampdoria), quella dello scudetto e di tutto il resto. In secondo luogo Veron non ha mai avuto un gran rapporto con i compagni e con la stampa, anche se questo non gli ha impedito di disputare tre Mondiali (1998, 2002 e 2010, nel 2006 Pekerman non lo convocò) con una nazionale in cui spesso le convocazioni sono mediatiche e soprattutto di essere rispettato. In terzo luogo Veron ha sempre vissuto fuori dal campo in una maniera che è eufemistico definire disordinata, contando (non a torto) solo sul suo alto standard fisico e tecnico. Un piacere vederlo giocare, ancora oggi. Rimarrà di sicuro un tifoso dell'Estudiantes, del quale in passato ha finanziato le formazioni giovanili, e può darsi che in futuro voglia mettersi alla prova come allenatore: lì superare la carriera del padre non sarà difficile. Stefano Olivari

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