Sanchez al Barcellona, Inler al Napoli, Zapata al Villarreal. Se qualche episodio contro l'Arsenal, soprattutto a Londra, fosse girato bene adesso avremmo l'Udinese nei gironi di Champions, ma il fatto che non ci sia non può sorprendere più di tanto. Ed il fatto di essere stata eliminata da un club che per moltissimi versi le somiglia, al di là della notorietà mondiale in cui il rapporto è 100 a 1, è solo una delle tante curiosità del calcio. Quello che vogliamo dire è che un bilancio in attivo, grazie ai soldi esterni al sistema che nel calcio arrivano sempre (cambia solo il 'mettitore', che quando è straniero ha inevitabilmente capitali 'di provenienza oscura' mentre l'italiano è sempre in regola con il fisco), è più che possibile quando una società è gestita da gente competente che non si innamora dei giocatori ed è anche compatibile con risultati di alto profilo: i Pozzo e a un livello inferiore i Lotito hanno provato più volte che il giocatore senza nome inserito nel contesto giusto vale come il giocatore medio strapagato (la classica riserva bollita di cui Inter e Juventus non riescono a liberarsi, per dire). Il problema non è quindi tanto arrivare in alto quanto rimanerci, che significherebbe alzare strutturalmente gli ingaggi anche dei comprimari. Per non parlare di vincere. Perché a vincere è sempre uno solo, per il dispiacere di una decina di concorrenti che da anni spendono cifre inenarrabili (come del resto il vincitore), in bianco e in nero, ma che vedono rimandato il loro turno. Insomma, l'Udinese non solo non fa parte di questa decina di di club disposti a tutto per vincere la Champions, ma nemmeno vuole farne parte. E' una scelta legittima, ma allora è legittimo anche il sentimento dell'appassionato friulano che sa di avere toccato il tetto rispetto alle aspirazioni. Se non puoi sognare, il gioco finisce subito al di là dell'affetto dei duri e puri per i propri colori. Grande festa al Friuli per la partita con l'Arsenal, prevedibili i soliti larghi vuoti in campionato. A giorni alterni si parla di scioperi e serrate, ma la vera differenza con la stracitata NBA è questa: in prospettiva anche la più disastrata delle 30 squadre della lega può pensare in 3 anni di essere da titolo. Basti pensare a cos'erano poche stagioni fa, prima di Durant e Westbrook, gli Oklahoma City Thunder o alla stagione 2007-2008 dei Celtics paragonata a quella precedente. Conclusione: a Udine non si può sognare, fare grande calcio senza rovinarsi invece sì. Ma continuiamo a trovare assurdo partecipare a una competizione con la consapevole certezza di non poterla vincere nemmeno fra un secolo.
Stefano Olivari