La radiazione di Luciano Moggi dal calcio italiano, almeno per quanto riguarda incarichi ufficiali (negli ultimi 5 anni non ha mai smesso di fare il consigliere, ma soprattutto di spacciarsi per tale distribuendo la patente di 'amico', di diverse società di A), è di sicuro sbagliata nella forma. Un fatto evidente, anche senza metterci a fare i giuristi della domenica. Perché dal 2006 al 2011 non si sono scoperti elementi tali da peggiorare la sentenza di cinque anni fa, giusta o sbagliata che fosse, nè a carico suo né a quello del silenzioso Giraudo e del battutista Mazzini. Nella sostanza invece la radiazione sarebbe dovuta arrivare dal resto del sistema calcio, screditato e forse anche distrutto (se scatta il meccanismo dei risarcimenti la baracca può chiudere domani mattina) dal moggismo, che pensa di avere indicato alla presunta opionione pubblica (che non esiste, tutti pensano che ci sia un complotto conttro la propria squadra) un buon capro espiatorio. Non è più una questione giudiziaria, nemmeno di giustizia sportiva, ma etica. Gli Agnelli che hanno ingaggiato Moggi, ben conoscendo le sue modalità operative al Torino e al Napoli, hanno un'etica peggiore di Moggi? E il 'signore' Moratti, che già quando era consapevole di come funzionasse il sistema che lo derubava tentò più volte di metterlo sotto contratto andandoci anche vicino in almeno due occasioni? E Berlusconi che lo ha sempre ritenuto più bravo di Galliani, al punto che senza Calciopoli sarebbe nel 2006 di sicuro andato al Milan per farlo vincere con i bilanci in pari? E tutti i direttori sportivi e i procuratori che nel loro micromondo creano piccole Gea? Quante volte, nelle mille trasmissioni di calciomercato che pompano l'inevitabile trequartista argentino (potremmo chiamarla 'Sindrome di Ortega'), si sente dire 'L'agente Tizio, che lavora molto con la squadra Caia' senza che nessuno abbia qualcosa da ridire? Siamo contro la logica del tutti colpevoli, tanto cara ai delinquenti veri, ma anche a quella che spiega ogni nefandezza con le azioni di una singola persona (per quanto sportivamente squalificata come Moggi) slegate dal contesto. Non abbiamo letto grandi editoriali contro i Galliani, i Della Valle, i Lotito, eccetera: tutta gente che da Calciopoli è uscita con squalifiche sportive (nelle didascalie spesso dimenticate) e un marchio non molto diverso da quello di Moggi: quello delle furbizia, dell'uno che cerca di fregare il prossimo perché non ha convenienza (ecco la vera differenza con le NFL e NBA spesso stracitate) nel NON fregarlo. Detto questo, senza Moggi o con Moggi ridotto al ruolo di ispiratore di siti spazzatura si sta in ogni caso meglio. Certo, i molti giornalisti che gli devono assunzioni, carriere e altre cose (anche solo un miserabile biglietto omaggio o una maglia autografata) non possono scriverlo e forse nemmeno lo pensano.
Stefano Olivari
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