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Perché il Porto è meglio del Barcellona

Redazione

10 giugno 2011

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Giù i fucili. Il titolo, volutamente provocatorio e in odore di eresia, intende rendere i dovuti onori a una squadra che ha trasformato il processo di acquisto e cessione di giocatori in un’arte. Perché nel calcio odierno non contano solo i risultati in campo, ma anche quelli in sede di bilancio. Prendendo in considerazione entrambi gli aspetti, il Porto di Pinto Da Costa non ha rivali. Facciamo parlare i numeri. Nel 2004 Josè Mourinho condusse alla conquista della Champions League una squadra il cui undici titolare era costato all’incirca 12 milioni di euro. Sette anni dopo Andrè Villas Boas ha vinto tutto ciò che poteva, in patria come in Europa, con una selezione in larga parte costruita sul mercato: Hulk (costato 19 milioni di euro); Falcao (8); Moutinho (10); Otamendi (7); Guarín (4); Rodríguez (7); Pereira (4.5); Souza (3.5); Sapunaru (2.5). In netta controtendenza rispetto al resto del Portogallo, il Porto ha un budget importante (75 milioni di euro) e può permettersi di spendere, senza risultare troppo dipendente dalla produttività del vivaio. Tutto questo è riconducibile a un solo elemento: il mercato. Dal 2004 a oggi il Porto ha incassato oltre 350 milioni di euro dalle cessioni dei giocatori. La top ten: Anderson (ceduto nel 2007 al Manchester United per 31.5 milioni); Pepe (2007, Real Madrid, 30); Ricardo Carvalho (2007, Chelsea, 30); Quaresma (2008, Inter, 24.6); Lisandro Lopez (2009, Lione, 24); Bruno Alves (2010, Zenit S. Pietroburgo, 22); Deco (2004, Barcellona, 21); Bosingwa (2008, Chelsea, 20.5); Paulo Ferreira (2004, Chelsea, 20); Lucho Gonzalez (2009, Olympique Marsiglia, 18). Scorrendo ulteriormente l’elenco ci si imbatte in: Maniche (2005, Dinamo Mosca, 16); Cissokho (2010, Lione, 15); Raul Meireles (2010, Liverpool, 13); Seitaridis (2005, Dinamo Mosca, 10); Derlei (2005, Dinamo Mosca, 8); Diego (2006, Werder Brema, 6), Carlos Alberto (2005, Corinthians, 6). E poi ancora, dai 4 milioni in giu, Ibson, Hugo Almeida, Helder Postiga, Luis Fabiano, Costinha, Benny McCarthy, Nuno Valente e tanti altri. Nel Porto insomma non esiste il concetto di giocatore incedibile. Basta presentarsi alla cassa muniti di cash, possibilmente senza accampare scuse più o meno improbabili (tipo un presunto problema ai denti del giocatore), perché tanto non ci casca nessuno. I Dragões sanno vendere, ma anche comprare, forti di un network di scout con pochi eguali. Lo dimostrano i loro ultimi anni di storia, dal 2004 al 2011. Vincono sia dal punto di vista sportivo che da quello economico. Il Barcellona può dire altrettanto?

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